Ramy, il perito assolve i carabinieri. "Azione corretta e nessun urto"

Il consulente dei pm: "La morte per lo schianto con il palo. Il ragazzo alla guida dello scooter si è assunto il rischio delle conseguenze"

Ramy, il perito assolve i carabinieri. "Azione corretta e nessun urto"
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«L'operato del conducente (il carabiniere, ndr) dell'autovettura Giulietta nell'ambito dell'inseguimento, risulta essere stato conforme a quanto prescritto dalle procedure in uso alle Forze dell'Ordine». Il comportamento del vice brigadiere all'inseguimento di Ramy Elgaml, il 19enne morto al Corvetto a Milano lo scorso novembre, è stato dunque corretto. La «concausa determinante» della tragedia, «al di là dei fattori umani connessi ai conducenti, è stata, purtroppo, determinata dalla presenza del palo semaforico che ha arrestato la caduta» di Ramy, «bloccandone la via di fuga e che ha determinato l'urto ed il successivo investimento del corpo al di sotto del veicolo dei Carabinieri». Non solo. «È possibile sostenere che le cause del grave sinistro mortale vadano ascritte al comportamento del conducente del motoveicolo Yamaha, Bouzidi Fares, per la sua condotta sconsiderata e pericolosa».

Sono i passaggi chiave della consulenza tecnica cinematica disposta dalla Procura e depositata nelle scorse ore nell'ambito dell'inchiesta sulla morte del 19enne. Scrive il consulente, Domenico Romaniello: Fares, l'amico della vittima alla guida del T-Max, con il «suo comportamento sprezzante del pericolo, ha determinato l'inseguimento e le sue modalità e si è assunto il rischio delle conseguenze, per sé e per il trasportato». Bouzidi, dopo aver ignorato il primo alt dei carabinieri, avrebbe toccato i 120 chilometri orari. La relazione tecnica, di 164 pagine, sottolinea che il 22enne ha violato numerose norme del codice della strada. «Opponendosi all'Alt dei Carabinieri, dava avvio ad un inseguimento anomalo e tesissimo, ad elevatissima velocità lungo la viabilità urbana cittadina, con una guida spregiudicata ed estremamente pericolosa, transitando con semafori rossi, a pochi centimetri da veicoli in marcia regolare con rischio di collisioni, affrontando di notte, in contromano, curve alla cieca». Il carabiniere che guidava la gazzella più vicina allo scooter, e che è indagato insieme a Fares per omicidio stradale, secondo l'esperto non poteva prevedere che il motociclo all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta sterzasse improvvisamente a sinistra, tagliandogli la strada. La sua «reazione alla situazione di emergenza» è stata una «intensa azione frenante». Un'altra conclusione è che, dall'analisi «di tutti i video a disposizione in atti (da tutte le telecamere di sorveglianza acquisite e, in particolare, dalla dash cam della vettura dei Carabinieri denominata Volpe 60) non emerge mai alcuna intenzione di speronare il veicolo in fuga o di farlo cadere». Un contatto tra i due mezzi c'è stato, quando la gazzella era in frenata, mentre lo scooter ha cambiato traiettoria, perdendo aderenza tentando di girare a sinistra. Il consulente evidenzia infine «quanto emerge dalla visione del filmato ripreso dalla body cam del Carabiniere sopraggiunto diversi secondi dopo» la caduta del T-Max. «Si coglie la profonda disperazione del conducente della Giulietta» alla vista di Ramy «inerme a terra».

Il padre del 19enne morto, Yehia Elgaml, commenta: «Occorre conoscere la verità con trasparenza da fonti attendibili che non trascurino nulla, è doloroso ma la verità è necessaria affinché la sua anima possa riposare nella sua tomba».

Mentre il vice premier Matteo Salvini: «La perizia conferma quello che ormai era chiaro alla stragrande maggioranza degli italiani: i carabinieri hanno fatto il loro lavoro in modo corretto, non hanno colpe. E ora chiedano scusa quelli che hanno accusato e infangato l'Arma».

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