
Stavolta il patatrac è così violento che nessuno può far finta di niente, neppure in un partito allenatissimo alla bisogna come il Pd. In un momento storico e su un voto cruciale del Parlamento europeo, Elly Schlein (foto) non solo rompe con il Pse ma finisce anche in minoranza nel proprio gruppo: solo in dieci (tra cui gli «esterni» che del Pd non fanno parte) seguono la sua indicazione e si astengono. Mentre undici, incluso il presidente del partito Stefano Bonaccini, disattendono l'ordine e votano sì alla risoluzione pro-difesa Ue. A salvare - almeno formalmente - la faccia di Elly è un'altra «esterna», Lucia Annunziata. Che dopo aver votato sì (come aveva annunciato e argomentato nelle riunioni interne) fa cambiare frettolosamente il proprio voto in astensione, dicendo di aver «sbagliato». Dopo, raccontano i maligni, l'ennesima telefonata assai agitata di Schlein. Intanto anche un altro «indipendente», Marco Tarquinio, batte cassa: «Se avessi votato no (come voleva, ndr) Elly non avrebbe più la maggioranza».
Nel Pd la tensione è alle stelle, da ogni parte si chiede alla segretaria «un chiarimento» sulla linea di politica europea e internazionale, quella che - ricorda Piero Fassino - «definisce identità e credibilità di un partito». Per Lia Quartapelle «siamo arrivati a un momento così decisivo senza alcuna discussione seria». Per Gianni Cuperlo «l'esigenza di un confronto è fortissima». Sintetizza un dirigente: «Siamo riusciti a rompere con i Socialisti europei e a farci scavalcare da Giorgia Meloni sull'impegno per la difesa Ue, un capolavoro tafazziano». Ironizza Lorenzo Guerini: «Neanche un no dal Pd: a questo giro abbiamo migliorato».
In questi giorni convulsi Elly Schlein ha tentato in ogni modo di portare il suo partito a votare «no» (con i Patrioti di Salvini) al piano von der Leyen sulla difesa Ue. L'esigenza più pressante, per la segretaria dem, non era tanto rafforzare la Ue per dare una risposta alla minaccia russa e al caos trumpiano, ma quella di non essere scavalcata da M5s e fischiata dalla piazza organizzatale da Repubblica il 15 marzo. A fermarla sono intervenuti big come Prodi, Veltroni, Gentiloni, Letta. I massimi dirigenti Pd le hanno pazientemente spiegato che la sua indicazione per il «no» avrebbe portato dritti all'implosione del Pd. «Io voterò sì con il Pse - la ha avvertita il solitamente morbido Bonaccini - e se ti schieri per il no voteranno sì anche il capogruppo Zingaretti, e poi Nardella, Benifei, Ricci, Annunziata: finisce 15 a 6 contro di te». Una débâcle da cui difficilmente Schlein si sarebbe risollevata. Afferrato il concetto, la segretaria si è spostata sull'astensione: «Dobbiamo dire che siamo comunque contro il riarmo, se no Conte ci fa neri e in piazza mi fischiano», è stato il suo ragionamento con i fedelissimi. Ma Schlein (che pure era a Bruxelles) non ha messo piede nelle riunioni dei suoi europarlamentari: «Sarei anche stata disposta a discutere con loro, ma c'è chi mi ha attaccato personalmente, quindi non ci vado», ha spiegato. La sua bestia nera? Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, e paladina della linea pro-difesa Ue. Che non gliele ha mandate a dire: «C'erano tutte le condizioni per votare sì. Ma da molto tempo assistiamo a un atteggiamento di chiusura del gruppo dirigente, che porta a spaccature. Se a prevalere è la competizione tra Pd e M5s, saremo ininfluenti in Ue e sconfitti in Italia». Schlein, che in Picierno vede ormai una temibile rivale («Vuole candidarsi contro di me», si sfoga con i suoi) se l'è legata al dito.
Al punto da non offrire alcuna solidarietà alla dirigente del suo partito, violentemente minacciata dai portavoce di Putin («Bestia schifosa»). A difesa di Picierno sono subito intervenuti molti dirigenti Pd, il presidente del Senato La Russa («Aggressione intimidatoria che respingiamo con forza»), il meloniano Fidanza. Ma da Elly, neanche una parola.
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