Demolita la villa liberty, così l’Italia spreca tesori

Non è servita la battaglia per difendere l’edificio di Morazzone, nel Varesotto. Nessuna autorità si è mossa per fermare le ruspe. In Italia si fanno convegni e seminari sull'arte, ma quando c'è da agire non si muove nessuno

Demolita la villa liberty, così l’Italia spreca tesori

Molta rabbia e molto sconforto. E anche una crisi di identità. Ma non sull’orientamento sessuale; bensì sull’utilità ed efficacia di scrivere, denunciare, indignarsi. Grandi dibattiti sul nulla, dichiarazioni d’intenti, retorica sulla tutela e sulla valorizzazione del patrimonio artistico. Parole, parole di uomini ridicoli che non sanno di cosa parlano. Così, sotto i loro occhi, l’Italia svanisce mentre ipocritamente si dice di difenderla e si immaginano improbabili comitati e associazioni. Ciò che sconforta è la disattenzione, l’inutilità delle denunce, l’indifferenza con cui vengono accolte. La cupidigia non si ferma dinanzi a niente. Eppure questo giornale ha preso posizione, il suo direttore ha voluto documentare lo scempio che stava avvenendo a Morazzone, che sembrava essere stato scongiurato: l’abbattimento di una integra e perfetta villa Liberty dotata di vetri, ferri battuti, decorazioni, affreschi che in questi giorni sono stati spazzati via dalla furia di uomini selvaggi, veri barbari, inconsapevoli e ignoranti. Abbiamo tentato di fermarli, abbiamo scritto, ma l’amministrazione di Morazzone si è dimostrata complice dei vandali. Se questo è il nuovo volto della Lega, non ci siamo. Distruggere un edificio che ha quasi cent’anni è come bruciare un manoscritto di Pascoli o di d’Annunzio e a cancellare testimonianza e memoria, nell’indifferenza delle autorità, peraltro chiamate alle loro responsabilità. Oggi Villa Bianchi a Morazzone non c’è più. E il sindaco non capisce il delitto che ha consentito. Ma a cosa serve esaltare il patrimonio artistico architettonico italiano se poi è impossibile frenare la furia che lo distrugge? I giornali locali titolano, stolidamente: «Villa Bianchi, sgarbo a Sgarbi. Demolito l’edificio Liberty difeso dal guru dell’arte». Sembra un fatto personale, una questione che riguarda me, e non il terribile documento di indifferenza e inciviltà. Eppure abbiamo scritto, e questo giornale è letto dal ministro per i Beni culturali che vi collabora. Ma forse è tutto inutile. Non c’è coscienza, non c’è sensibilità, non c’è attenzione. Dov’era Bondi mentre Villa Bianchi veniva demolita? In che modo riteneva di dover manifestare la sua responsabilità? Forse il Giornale è poco importante? E le mie denunce, diversamente da quelle di Salvatore Settis non meritano attenzione e risposta? Bondi ritiene giusto che l’architettura più bella sopravvissuta a Morazzone venga demolita per costruire un orrido condominio in cemento armato? È così che si tutelano i beni culturali? Ma qualcuno potrà dire: il ministro ha tante cose importanti da fare; perché dovrebbe leggere un articolo di Sgarbi, che lo ha preceduto al ministero dei Beni culturali e che, notoriamente, è persona che non merita di essere ascoltata? Infatti Bondi ha i suoi, tutti competentissimi e preparatissimi ed espertissimi, pieni di passione e di fuoco per l’arte. E proprio perché Sgarbi sa quanto il ministro sia circondato di meravigliosi consiglieri per perdere tempo a leggere e ad ascoltare lui, ha chiamato il sovrintendente ai Beni architettonici della Lombardia, Alberto Artioli, che tanto gli era vicino quando era sottosegretario e assessore, e ha chiamato il direttore regionale Mario Turetta, segnalando loro la minaccia di speculatori e di barbari, nella speranza che un barlume di sensibilità li inducesse a intervenire. Niente: da noi si parla di beni culturali, in dibattiti e convegni, e poi si consente che vengano distrutti, senza pietà, senza rispetto. Artioli si preoccupa degli abusi nei sottotetti della Galleria, ma che venga distrutto un edificio Liberty gli pare irrilevante, non crede necessario procedere a un vincolo, perché tanto la Lombardia è piena di ville Liberty. E perché non buttarne giù una integra, perfetta in tutti i suoi apparati decorativi, e anche di significativo impianto monumentale? Turetta non dà segnali di vita. Bondi non legge il giornale su cui scrive. Artioli sembra non distinguere fra un’elegante architettura degli inizi del secolo scorso e un orrido condominio in cemento armato. Il sindaco che ha lo stesso cognome degli antichi proprietari della villa, non appare in grado distinguere ciò che ha valore da ciò che è mercificazione e mortificazione della città che amministra. Anzi, indifferente e cieco come l’assessore mafioso di Baarìa, promette d’intervenire dopo le proteste, e intanto incassa gli oneri di urbanizzazione, autorizzando la distruzione dell’edificio. Questa è l’Italia di speculatori, barbari, distruttori, che non hanno ritegno e si comportano nel civile Nord peggio che in Sicilia o in Campania. Com’era accaduto qualche tempo fa a Fidenza, anche la distruzione della palazzina Liberty di Morazzone indica un degrado delle istituzioni intollerabile, e la vanità del grido di chi protesta manifestando con coerenza di aderire agli stessi principi che ministri, sovrintendenti e sindaci dichiarano solennemente di riconoscere e di far rispettare. Menzogne.

In ogni parte d’Italia cittadini consapevoli assistono impotenti a vandalismi inammissibili e inauditi: non riuscimmo a salvare ad Acqui Terme il Politeama Garibaldi, orgogliosamente eretto alla fine dell’Ottocento (ora c’è un garage). Abbiamo visto abbattere senza pietà la bellissima Cavallerizza ottocentesca ad Alba. Ministri, sovrintendenti, sindaci indifferenti e complici. Non c’è più speranza. Ma abbiano la mia maledizione.

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