Dona Flor e i suoi due mariti, Amado di scena al Manzoni

La piéce di Mario Chiocchio per la regia di Emanuela Giordano, sta riscuotendo al Manzoni di Milano un grande successo di pubblico e di critica. Spettacolo ricco di colpi di scena e completo sotto il profilo della scenografia (video al posto di falsi mobili), della musica (le musiche originali dell’orchestra Bubbez) accompagnata da cori e danze mimiche

Dona Flor e i suoi due mariti, 
Amado di scena al Manzoni

Milano - Un idillio perfetto che raccoglie onestà e premure da una parte, fantasia ed erotismo dall’altra. Lo “spiritello” vivace del primo marito defunto di Dona Flor si intrufolerà nel letto matrimoniale della nuova coppia, consolando e permettendo alla giovane e bella vedova di continuare a vivere, trasformando l’ambiguità del triangolo amoroso in un mondo pulito e privo di falsi moralismi. Liberamente tratto dal romanzo di Jorge Amado “Dona Flor e i suoi due mariti”, per la regia di Emanuela Giordano, la piéce di Mario Chiocchio sta riscuotendo al teatro Manzoni un grande successo di pubblico e di critica. Si tratta di uno spettacolo ricco di colpi di scena e completo sotto il profilo della scenografia (video al posto di falsi mobili), della musica (le musiche originali dell’orchestra Bubbez, eseguite dal vivo da Massimo De Lorenzi, Ermanno Dodaro, Giovanna Fumulari)accompagnata da cori e dalle danze mimiche di Simonetta Cartia, Claudia Gusmano, Serena Mattace Raso, Laura Rovetti. L’insieme risulta ritmico, allegro e colorato, grazie anche agli abiti di scena di Caterina Murino (Dona Flor sulla scena) disegnati da Dolce & Gabbana. Il capolavoro di Amado, che sprigiona ilarità e poesia visionaria, ha come altri interpreti Paolo Calabresi (Teodoro, il secondo marito), Pietro Sermonti (Vadinho, il primo marito), Simonetta Cartia (Dona Rosilda, la madre di Flor che si vergognava della cattiva fama del defunto, giocatore d’azzardo e donnaiolo). “Che cosa poteva desiderare di più una vedova povera e già trentenne a Bahia se non il dottor Teodoro, farmacista, uomo di prestigio e innamorato premuroso?”.

Innamorata persa di Vadinho, Dona Flor accetta di risposarsi per uscire dalla depressione che minaccia di ucciderla una volta rimasta vedova: ma chiede alle divinità del mare di mandarle sulla terra il marito tanto amato per condividere con lei questa sua seconda vita. Esaudita nelle sue preghiere, vivrà questo ménage con l’aiuto di un amore sfacciato e ardente: al benessere familiare ci penserà il dottor Teodoro, che le compra una casa, le è fedele, la rispetta e mette ordine e sicurezza nella sua vita… Il premuroso sposo l’accompagna al cinema, ai concerti, a visitare gli amici nei giorni fissati e anche a letto, il mercoledì e il sabato: migliore di lui non se ne può trovare un altro… “Lui è il suo volto mattutino, io sono la sua notte. Siamo il suo sì e il suo no. Solo così abbiamo potuto fare felice Dona Flor, che naturalmente anche nella vita – scherziamo- è la donna di entrambi” raccontano i due protagonisti maschili. Paolo Calabresi (pupillo di Strehler e di Ronconi, 45 anni, nato nel mondo dello spettacolo) è fuori scena l’esatto contrario di Teodoro: libero e spregiudicato, ironico persino nel raccontare il suo curriculum.

“L’idea di fare lo spettacolo era già nella testa di Elena Giordano quando mi ha chiamato. Mi sono trovato davanti a un romanzo di 650 pagine (in Italia l’ha pubblicato Mondadori) che ti dà tutto lo spazio per comprendere i movimenti interiori dei personaggi. Per me che venivo dalla scuola del Piccolo e da un teatro di ‘drammi’, ha significato trovare una veste nuova come attore comico, un’esperienza unica, facilitata da Pietro Sermonti, più giovane e più digiuno di teatro di me, che con la sua freschezza mi ha però insegnato una nuova lingua per stare sul palcoscenico. Passare da spettacoli come l’Alcesti diretto da Massimo Castri, o da autori come Marivaux, Pirandello e Pasolini, da musicisti di scena colti come Arturo Annecchino, ad una commedia brillante da reinterpretare, ricca di pene e di delizie dell’essere brasiliano, mi ha arricchito professionalmente”. Sorridente e sornione, Pietro Sermonti 38 anni, ringrazia di così tanta gentilezza, lui che viene da scuole americane e che di importante a teatro ha interpretato solo il Pasticciaccio di Gadda…

”Ci siamo trovati molto bene a lavorare con Caterina Murino, un’attrice seria, precisa, che proviene dal grande schermo, dove ha spaziato dall’ultimo James Bond al nuovo cinema italiano e francese. Quando in scena dico a Dona Flor:‘Non desiderare che io sia al tempo stesso Vadinho e Teodoro perché non posso, posso essere soltanto Vadinho’ qui ci scappa sempre da ridere, creando sempre più un divertente equivoco anche nel pubblico… Perché un menage così perfetto è difficile che esista anche nella vita”. Lo spettacolo è accompagnato nel foyer del Manzoni da una mostra fotografica di Patrizia Giancotti con testi di Jorge Amado dal titolo “Le donne di Amado” dove splendide figure femminili, come Sonia Braga (che fu Dona Flor nel film di Bruno Barreto). “Le donne sono per natura molto più forti dei maschi. Per questo si è voluto considerarle inferiori.

Scegliendo di parlarere per chi non ha voce, mi è sembrato naturale metterle al centro dei miei romanzi, assumerne l’importanza, sottolineare, attraverso il carattere forte delle mie eroine, l’invincibile forza del sesso debole”. Parole di Jorge Amado, il dio di Bahia”.

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