Donna uccisa ai giardinetti di Milano «Una lite, poi ho visto il killer fuggire»

MilanoÈ stata uccisa su un grande prato verde pieno di margherite, in una giornata di sole che a tutto poteva far pensare fuorché a una fine tanto atroce. Una sola e violentissima pugnalata al cuore è stata fatale, infatti, a Pasqualina «Lina» Labarbuta, 38 anni, di origini baresi, mamma di tre figli e residente a Milano con la madre.
Bionda sostituta della portinaia di un condominio Aler di via Alex Visconti, al Gallaratese (periferia nord ovest della città) la donna, che ieri era al suo primo giorno di lavoro, intorno alle 13 era seduta in via Borsa, su una panchina di legno di uno dei tanti giardinetti pieni di alberi che circondano la zona - tra la Casa dello studente, la Casa del giovane e una sezione staccata dell’Università Statale - pronta a consumare un panino durante la sua pausa-pranzo. Una signora che portava a spasso il suo cane lì nel prato - e ora considerata testimone principale del fatto - l’ha vista tranquilla mentre parlava con un uomo, descritto come un italiano ma dalla pelle piuttosto scura, anche lui seduto sulla panchina e che la portinaia sembrava conoscere bene. Sempre secondo il racconto della teste, all’improvviso la coppia ha cominciato a litigare, Lina stava per alzarsi di scatto, forse decisa ad andarsene, quando il suo accompagnatore l’ha afferrata per la lunga coda di capelli biondi e, tirandola di nuovo verso la panchina, l’ha colpita con un grosso pattada (il tipico coltello sardo a scatto con una lunga lama e un manico di corno) al cuore. La poveretta si è guardata la maglia nera squarciata sul petto e il sangue che usciva a fiotti, quindi, aggrappata alla panchina, è spirata immediatamente. Intanto il suo assassino ha lanciato il coltello (la cui lama, misurata più tardi, risulterà lunga 9 centimetri) sotto un cancelletto che delimita l’area verde ed è fuggito correndo verso la periferia.
A lungo gli investigatori della squadra mobile e della polizia scientifica hanno condotto i rilievi sul luogo del delitto, delimitando la zona delle operazioni con il nastro colorato che viene usato in queste situazioni; sul posto è giunto anche il pm Frank Di Maio e il medico legale che sono rimasti lì tutto il pomeriggio mentre l’ex marito, che vive a Brescia, non appena è stato informato telefonicamente della morte della mamma dei suoi bambini, è partito subito per recarsi a Milano.
Avendo escluso immediatamente il movente della rapina (Lina Labarbuta aveva con sé uno zainetto e una borsa dai quali non risulta mancare nulla) i poliziotti si sono buttati sulla pista passionale, avvalorata dal gesto d’impeto seguito al litigio. Tuttavia, della vita privata della bionda portinaia si sa ben poco perché era una donna molto riservata.
Giunti a casa di Lina Labarbuta - che vive in zona viale Zara, a ovest della città - gli investigatori hanno scoperto che nemmeno la madre pare fosse a conoscenza di un suo legame sentimentale.
Quel che si sa di certo è che gli investigatori, dopo averlo sentito in questura, hanno escluso dalla lista dei sospettati l’ex marito e che cercano un uomo fino a pochissimo tempo fa molto vicino alla vittima. Forse qualcuno con il quale Lina aveva avuto una relazione interrotta da poco. Un rapporto che era stata lei stessa a voler troncare, senza il «consenso» del suo assassino.

Naturalmente, a questo punto, secondo i detective della squadra mobile non si può però nemmeno escludere che l’assassino sia un uomo che si era limitato a importunare più volte Lina Labarbuta ed era stato ripetutamente respinto.

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