Dossier su Bisignani a Milano. Ma i pm non vedono la loggia

MilanoIn principio fu Napoli. Poi venne Roma. E ora tocca a Milano. Luigi Bisignani, il grande manovratore al centro dell’inchiesta sulla cosiddetta P4, finisce nel mirino della procura del capoluogo lombardo. Ma - almeno per il momento - la grande rete di relazioni borderline che ruotava attorno al faccendiere non sembra interessare ai magistrati. Piuttosto, qui si parla di soldi. Movimenti di denaro sospetti su cui gli inquirenti intendono fare degli accertamenti. Insomma, le toghe milanesi procedono con cautela, lontani dall’enorme affresco di malaffare tratteggiato dai colleghi napoletani nelle decine di migliaia di pagine depositate, e dal clamore che queste hanno prodotto.
Che i pm milanesi scelgano la prudenza si capisce anche dalla decisione del titolare dell’inchiesta - il pubblico ministero Roberto Pellicano - di aprire un fascicolo a «modello 45». Ovvero, a carico di ignoti e ancora senza ipotesi di reato. Oggetto di questo nuovo filone di indagine sarebbe una singola operazione finanziaria messa in piedi da Bisignani nel corso del 2010, e segnalata dall’Uif, l’Unità di informazione della Banca d’Italia. In pratica, la struttura di via Nazionale che si occupa di prevenire e contrastare il fenomeno del riciclaggio attraverso l’analisi dei flussi di denaro sospetti segnalati dagli intermediari finanziari.
Bisignani, dunque, potrebbe essere al centro di una partita di giro su cui il pm Pellicano - che lavora nel pool del procuratore aggiunto Francesco Greco, a capo del dipartimento per i reati economici - farà degli approfondimenti. Lo stesso Greco, un paio di settimane fa, aveva ricevuto una parte del materiale investigativo dal pm napoletano Henry John Woodcock, salvo poi frenare la corsa di chi già immaginava una nuova Mani Pulite. Pragmatico, si era limitato a un «vedremo le carte». Ora le carte ci sono ma - almeno per ora - non sembrano infiammare gli investigatori.
Il dossier milanese su Bisignani, infatti, non avrebbe nulla a che fare con la rete di potere e pressioni ipotizzata dalla Procura di Napoli. Certo, nel corso delle indagini dei pm partenopei erano emersi i rapporti fra Alfonso Papa (il parlamentare del Pdl su cui pende una richiesta di autorizzazione all’arresto ferma alla Camera) e l’immobiliarista Vittorio Casale (finito in manette alcuni giorni fa con l’accusa di bancarotta fraudolenta, proprio in un’inchiesta del pubblico ministero di Milano Luigi Orsi), così come gli affari sospetti tra Bisignani e Gianluca Di Nardo, finanziere italiano residente in Svizzera e già finito nel mirino dell’authority americana Sec con un’accusa di insider trading. O ancora, le molteplici conversazioni con alcuni manager di spicco italiani che tiravano in ballo alcune fra le più importati aziende di Stato. Ma a Milano, per ora, la linea è quella del basso profilo.
Ancora lontana, dunque, la «tempesta giudiziaria» e la «valanga degna della P2 e di Mani pulite» di cui solo cinque giorni fa aveva parlato il settimanale l’Espresso, che pure nell’edizione on-line aveva anticipato l’apertura del fascicolo ora sulla scrivania del pm Pellicano.

Perché per ora l’indagine ruota attorno a una sola operazione finanziaria, e si tiene alla larga dalla P4. Ma trattandosi di denaro, c’è una pista da seguire. Una pista più concreta e in mano a pm più concreti. Napoli è lontana.

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