Draghi: «È la crisi più severa dei nostri tempi»

«Sono già stati bruciati 500 miliardi di dollari e ce ne vorranno altrettanti. Rischi limitati in Italia per Lehman Brothers»

da Roma

«La crisi che stiamo affrontando è tra le più severe e complesse dei nostri tempi». Mario Draghi, a Berlino, non usa mezzi termini. È lì per celebrare un anno dalla crisi dei mutui subprime.
In dodici mesi, le banche hanno «bruciato» 500 miliardi di dollari. Venerdì scorso a Nizza, in qualità di presidente del Financial Stability Forum, il governatore di Bankitalia aveva riferito all’Ecofin che il sistema finanziario globale avrebbe avuto bisogno di altri 350 miliardi di dollari di capitali freschi.
A Berlino dice: «Stimiamo che le banche dovranno raccogliere almeno un’altra volta l’ammontare di capitale raccolto dall’inizio della crisi». Insomma, altri 500 miliardi. Nel giro di tre giorni, dopo il fallimento della Lehman, l’acquisizione della Merrill Lynch da parte di Bank of America, la crisi del colosso assicurativo Aig, il contorno della crisi è cresciuto di 150 miliardi di dollari. «Almeno», sottolinea Draghi. Un dato su tutti. Sabato il patrimonio immobiliare a rischio della Lehman era stimato 23 miliardi di dollari. Domenica è salito ad 80 miliardi di dollari.
Il fallimento della Lehman rappresenta, secondo Giulio Tremonti, «un mondo che è finito. Adesso - aggiunge - occorrono nuove regole, e le regole devono farle i governi e le autorità», vietando paradisi fiscali e bilanci falsi. Sarà l’Italia, nel suo anno di presidenza del G8, a porre la questione delle regole. Secondo il ministro dell’Economia, comunque, «le crisi finiscono, prima o poi; e da questa crisi l’Italia uscirà più forte di prima, e più forte degli altri», grazie a un’economia basata sulla manifattura e non sulla finanza.
Axel Weber, presidente della Bundesbank, afferma che la Bce è «in un nuovo stato di allerta molto elevato». Ma è l’intero sistema delle banche centrali - sottolinea Draghi - ad essere «preoccupato» per le condizioni del sistema finanziario. Al punto che per uscirne «saranno necessari interventi sul fronte monetario, fiscale e regolamentare». Insomma, la crisi non potrà essere affrontata senza interventi congiunti di governi, banche centrali, autorità di sorveglianza. Anche perché «si sta aggravando. Le perdite sui crediti ricominciano a crescere e le previsioni sui risultati delle banche non sono buone». Quelle tedesche - dice Weber - «non hanno problemi di liquidità». Mentre per quelle italiane «i rischi - precisa Draghi - sembrano limitati».
Come riflessione, poi, Draghi osserva se non sia il caso - visto il diverso approccio seguito dai diversi Stati - di applicare all’accordo di «Basilea 2» i principi di elasticità contenuti nel Patto di Stabilità europeo. Vale a dire, rafforzare l’attività regolatoria nei momenti di congiuntura positiva; e concedere margini di flessibilità nei casi di rallentamento del ciclo. Scelte del genere - aggiunge - devono essere coordinate a livello globale, per non inviare «messaggi sbagliati sul comportamento delle autorità».
Ed in questo momento, il mercato di tutto ha bisogno, tranne che di messaggi non coordinati. Per queste ragioni, Draghi spiega come la Bce si sia mossa tempestivamente su due fronti. Con la politica monetaria ha mantenuto la stabilità dei prezzi; con la leva finanziaria, e con iniziative coordinate, ha immesso liquidità sul mercato. La crisi attuale - sottolinea il governatore - «non è diversa dalle altre. E rappresenta l’occasione per rafforzare la struttura dell’industria finanziaria».
In altre parole, il settore privato dovrà introdurre «un’azione vigorosa diretta a ripulire i bilanci, rafforzare la governance, migliorare il funzionamento del mercato. La storia ci insegna che gli interventi/riforme necessari vengono ignorati fino a quando lo scoppio di una crisi impone l’azione; e la determinazione si affievolisce subito dopo la fine della crisi».

In questo caso, però, proprio perché siamo in presenza di una «crisi sistemica» serve l’intervento di tutti i «policy-maker». Governi, banche centrali, autorità di sorveglianza. Solo così - osserva Draghi - il sistema finanziario potrà tornare ad essere essenziale per la crescita economica.

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