Il nome e la fama criminale di Luca Lucci restano legati a filo doppio con la droga. Sì, l'ormai ex leader della curva Sud milanista conosciuto anche come «Il Toro» anche stavolta si trova al centro dell'ultima inchiesta sul traffico di stupefacenti messa a segno dalla Dda e dalla squadra mobile di Milano che ha portato a galla partite da milioni di euro di stupefacenti e in cella 8 persone. Nel dettaglio si tratta di tre tonnellate di hashish arrivati dal Marocco in poco meno di un anno e carichi complessivi per 53 chili di cocaina dal Brasile sulle navi dirette in Spagna. Così ieri mattina Lucci si è visto recapitare in cella a Voghera la quarta ordinanza di custodia cautelare in carcere in meno di tre mesi: una cosa da guinness dei primati.
L'operazione della Mobile, guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia, rappresenta il secondo tempo di un'altra inchiesta di tre anni fa quando Lucci era stato arrestato per narcotraffico internazionale. Allora gli investigatori si erano concentrati sulle conversazioni criptate che il leader della tifoseria rossonera (nome in codice «Belvaitalia») intratteneva quotidianamente con fornitori e acquirenti sulla piattaforma Encrochat, certo di non venire intercettato. Troppa sicurezza finisce per nuoocere: il lavoro delle autorità giudiziarie di Belgio, Francia e Olanda era riuscito a bucare il software installato sui telefonini Bq Aquarius, scoperchiando un vero e proprio vaso di Pandora da cui hanno attinto a piene mani le forze dell'ordine di mezzo mondo.
Tra la primavera e l'estate 2020 Lucci, resosi conto che Enrochat era agli sgoccioli, si era messo a dialogare di droga su un'altra app di messaggistica, SkyEcc. E mentre altri suoi interlocutori avevano cambiato nome lui, sempre forte delle sue certezze, continuava a usare «Belvaitalia».
Il nuovo filone dell'inchiestaha preso in esame il periodo compreso tra il 15 giugno 2020 (data dei primi messaggi di Lucci sulla nuova piattaforma) e l'8 marzo 2021 (data in cui anche SkyEcc è stata disinnescata), ha ricostruito a ritroso una serie di spedizioni di hashish in partenza dal Nord Africa (centinaia di chili alla volta occultati tra i bancali di frutta e imbevuti di sostanze in grado di inibire il fiuto delle unità cinofile) e che venivano poi smistati in un magazzino di Inveruno. Hashish, marijuana e alcuni carichi di cocaina in partenza dal Brasile. In totale, gli inquirenti hanno ricostruito l'acquisto complessivo di tre tonnellate di hashish, 225 chili di marijuana e 53 chili di cocaina.
I nomi dei complici del «Toro»? Sempre gli stessi.
Oltre a Lucci infatti l'ordinanza di custodia cautelare del gip Fabrizio Filice ha portato dietro le sbarre (dove già erano per procedimenti precedenti) altri suoi storici collaboratori come Daniele Cataldo (ritenuto uno dei due presunti esecutori materiali del tentato omicidio dell'ex narcos Enzo Anghinelli), Rosario Calabria, Antonio Rosario Trimboli e Luciano «Ciano» Romano (coinvolto nel blitz che ha smantellato i direttivi di Nord e Sud a San Siro, l'inchiesta «Doppie Curve»). Tra gli indagati figura pure il nome di Barbara Grassi, già emersa in altre inchieste come la contabile della curva rossonera e in generale come la donna che gestiva le casse di Lucci e di cui lui si fidava ciecamente.
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