Rho (Milano) «Veramente io non avrei dovuto parlare, sono venuto solo perché voi imprenditori mi avete invitato qui per il pranzo, a proposito, avete invitato anche qualcuna delle hostess o no?». Risate, applausi, cori da stadio e anche un «Silvio Dio ti benedica» per incorniciare l’ultimo affondo del presidente del Consiglio. Che lascia il microfono della sala congressi della Fiera di Rho dopo un’esercitazione oratoria di cinquantacinque minuti, in cui, a braccio, ha parlato di tutto e di più. È passato con disinvoltura dalla crisi economica, alla riforma della giustizia, dai sapori e dissapori con Fini («che non provocheranno comunque sconquassi nella maggioranza e nel governo, state sereni»), alle barzellette sulla società per azioni suggerita al Padre Eterno che gli consentirà, inevitabilmente, di fare il presidente anche in Paradiso.
Insomma, un Berlusconi in grande spolvero quello che ieri, accompagnato dal sindaco di Milano, Letizia Moratti, è sceso dall’elicottero alle 13.11 davanti al padiglione principale del Salone del Mobile, dopo aver assistito ai funerali di Raimondo Vianello e che, appena salito sul palco, ai colleghi imprenditori che gremivano la sala, definiti «popolo del design e anche, perché no?, popolo della libertà» ha lanciato un messaggio rassicurante: «La ripresa ci sarà ma non sarà veloce, non siamo ancora usciti dalla crisi ma si comincia a vedere la luce. Perciò vi chiedo di guardare avanti, di guardare ai nuovi mercati di largo consumo come la Russia e l’Oriente e all’innovazione tecnologica. Non dobbiamo avere paura, abbiamo già dimostrato che il nostro petrolio è lo spirito imprenditoriale».
«In una simile situazione è quindi un must - ha sottolineato il premier - tenere i conti pubblici in ordine e di questo dobbiamo ringraziare San Giulio Tremonti. È un personaggio difficile anche e io mi trovo dialetticamente a contrappormi con lui tutti i giorni. È molto intelligente e così, quando parla con qualcuno, si ha l’impressione che dopo cinque minuti pensi io sono un genio, questo qui che ho davanti è un pirla. Ma di me non lo pensa o almeno me lo auguro».
Poi gli impegni cari alla platea: «Nel giro di due anni realizzeremo un codice unico in materia fiscale per eliminare le migliaia di leggi che oggi creano troppa confusione. Appena i conti pubblici saranno definitivamente a posto penseremo a ridurre le tasse. La prima cosa che faremo sarà pensare alle famiglie numerose e la seconda l’abolizione dell’Irap che io chiamo imposta rapina». Applausi e ancora applausi. Poi, con l’amarezza di sempre, l’altro obbiettivo della «guerra santa» in cui si impegnerà il governo: il rapporto tesissimo fra la politica e una certa magistratura. «La sovranità in questa democrazia non è più del popolo - ha denunciato il Cavaliere - ma, spesso, passa ai Pm della sinistra che dalla Corte Costituzionale fanno abrogare le leggi a loro sgradite. E possono agire così perché undici membri di quella Corte sono della sinistra e quattro del centrodestra». «Oggi - ha detto il presidente del Consiglio - la nostra giustizia è come il cancro: Uno pensa di esserne immune fino a quando non la subisce. Come il cancro, se uno non c’è capitato dentro, non sa cosa significa. È come entrare in un girone infernale perché, anche se si è assolti in un processo, dover affrontare la giustizia rende difficile la vita con gli altri, per le accuse che rimangono nella memoria dell’opinione pubblica. Per questo è importante distinguere i ruoli fra giudici e Pm». Quanto all’uso, o meglio all’abuso delle intercettazioni, Berlusconi ha parlato di «urgenza di nuove norme per prevedere che servano solo per reati gravi e non per cercare notizie di reato nel caso ci siano già gravi indizi di colpevolezza». Poi la critica a certi meccanismi elettorali. «Anche se non credo sia la cosa più importante la riforma costituzionale è qualcosa a cui vale la pena di lavorare e si farà sentendo tutti e possibilmente con l’assenso di una opposizione responsabile, se diventerà responsabile. Perché dopo aver dato la possibilità all’elettorato di votare direttamente il loro sindaco e presidente di Regione, poter scegliere anche il presidente dell’Italia credo sia un diritto in più per i cittadini. Anche se Napolitano, intendiamoci, è un ottimo capo dello Stato, è un dato di fatto che quello italiano è l’esecutivo con meno poteri al mondo.
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