Due pionieri per hobby al Polo Sud: «Saliremo in cima ai ghiacci eterni»

Non sono alpinisti professionisti, non sono esploratori, non abitano in montagna. Marco Rigobon e Davide Tosolini sono due normali cinquantenni: commercialista residente a Milano il primo, impresario edile di Misinto, in Brianza, il secondo. Eppure il 16 novembre saluteranno lavoro e famiglia e partiranno alla volta dell’Antartide. Un mese in viaggio - il ritorno è previsto entro Natale - per scalare la vetta più alta, il Mount Vinson (alto 4900 metri), e proseguire con sci e slitta per altri duecento chilometri fino all’agognata metà: «La base Amundsen-Scott con l’Antarctic Dome, la semisfera a specchio simbolo del Polo Sud», spiega Marco Rigobon, uno dei protagonisti.
Un’impresa per consumati scalatori, mentre loro sono solo due cinquantenni come tanti, amanti della montagna e della sfida.
«Abbiamo entrambi un passato da sportivi. Davide è tuttora istruttore di paracadutismo, ha all’attivo alcune edizioni della “Maraton du sable” e un paio di esperienze di trekking nel deserto e in Tibet in solitaria. Io pratico nuoto da molti anni, gioco a basket, ho il brevetto da sub... Ma la mia vera passione resta l’alpinismo».
Una passione che nel 2001 li porta a intraprendere il ciclo delle «Seven Summits»: la scalata delle vette più alte dei sette continenti. Scalano il Kilimangiaro in Africa, l’Elbrus in Europa, il Mc Kinley in Nordamerica, l’Aconcagua in Sudamerica. E, tra pochi giorni, il Vinson in Antartide. «Non sarà un’impresa rischiosa. Saremo accompagnati da una guida americana, e la logistica è organizzata dalla Focus World Expeditions che ci ha già assistiti altre volte».
Dieci ore al giorno di percorso con sci e zaino in spalla, tra ghiacciai, crepacci e saliscendi continui, prima della sosta per attrezzare il campo e piantare la tenda per la notte.
E la mattina dopo tutto daccapo: smontare il campo, riassemblare i carichi e ripartire. Così per giorni, sfidando freddo, fatica, pericoli. Un viaggio difficile, lungo, costoso. «La spesa dovrebbe aggirarsi sui 130mila euro. Per questo abbiamo molti sponsor, tra cui Interworld e Focus Himalaya Travel. Trovarli non è stato facile, abbiamo bussato porta a porta, passando attraverso amici, conoscenti, clienti». Ma quanto allenamento richiede un’impresa del genere? «L’allenamento vero e proprio è nei weekend: scalare una cima con un carico sulle spalle, pari a quello che porteremo in Antartide: tenda, sacco a pelo, attrezzatura da campo, viveri e 40 chili di gas in tre. Con il gas si scioglie la neve per l’acqua da bere, si cucina e ci si scalda». Scalare una montagna, però, non è solo questione di muscoli e di allenamento.

Ci vuole coraggio, volontà, autodisciplina, e una filosofia che spinga sempre in avanti: «Bisogna credere in se stessi ed essere padroni del proprio destino, nelle imprese più rischiose come nella vita di tutti i giorni. In fondo ognuno di noi ha la sua montagna da scalare».

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