E Bondi si trasforma in «Bondik» Dalle poesie ai colpi di fioretto

RomaDimentichiamoci Sandro «Buondì» Bondi, ora c’è Sandro Bondik, la versione bellica del poeta di Fivizzano. La metamorfosi è iniziata con la fiducia alla Camera, ottenuta ma in cambio di grandi amarezze e sofferenze per l’anima delicata di Bondi. Qualche giorno di silenzio, dimissioni trattenute a forza, orgoglio calpestato, rimuginamenti, progetti di vendetta, dopo essersi visto respingere le educate richieste di rinunciare alla mozione di sfiducia nei suoi confronti. Quindi la mutazione alla John Carpenter. Via i panni dell’aedo sensibile che dedica versi alle ministre e soffre (e lo fa veramente) per gli attacchi meschini a Berlusconi. Bondi ha calzato il cappuccio nero e la tuta da incursioni, ed è entrato in azione come Bondik, combattivo e acuminato coma mai. Le prime vittime del temibile Bondik sono stati Fini e Casini, attaccati in coppia, come un lottatore esperto. «Dovrebbero partecipare alla Corrida del bravo Flavio Insinna, altro che professionisti della politica!» ha stilettato il «nuovo» ministro dei Beni culturali, non più buono. Bondik riconosce una qualità a Casini, «il cinismo, come tratto principale della sua leadership politica». Per questo Casini sta bene con Fini, i cui discorsi al congresso Fli, dice Bondik, «sono brutali quanto patetici» perché «hanno il coraggio di insultare una persona, che ha il merito storico di averli legittimati politicamente e moralmente». Beccati questa, traditore.
Nell’adrenalina del duello col nemico, Bondi (anzi, Bondik) si fa beffe dell’avversario, se la ride, sfotte un onorevole dell’Udc, Scanderebech, sconsigliando a Casini «di delegare a un deputato dal nome impronunciabile il compito di rivolgermi attacchi offensivi e sconsiderati». Il piacere dello scontro, una scoperta machista per l’etereo coordinatore del Pdl, perciò sempre sfottuto e vilipeso dai più scafati interlocutori dell’opposizione. Ma ora stiano attenti, non hanno più a che fare con Buondì, ma con Sandro Bondik, maestro di fioretto e di sarcasmi velenosi. Molto attenti. «Fini e Casini rappresentano una mentalità che non è in grado neppure di intendere le ragioni della modernizzazione dell’Italia». Hanno sfasciato l’Italia, «la concezione della politica che li accomuna è la stessa che ha condotto alla crisi dello Stato, dell’economia e della società italiana, ci condannerebbero alla palude, all’immobilismo». E il Pd? Bondik ne ha anche per loro. «L’impudenza del Pd è pari solo al cinismo, le sue proposte (sul federalismo, ndr) non hanno alcuna legittimità, alcuna serietà e alcuna dignità». Bersani? Colpito: «È cinico, indifferente ai contenuti e alle riforme, disposto a tutto pur di conseguire i propri interessi di parte». Segnato con al B di Bondik anche il segretario Pd, gli strali si sono diretti anche fuori dai confini nazionali, verso il Times di Londra,il cui editoriale sull’Italia «è una ingiuria volgare, pretestuosa e interessata, che non rende onore a chi lo ha scritto e pubblicato». Figuriamoci poi cosa è successo quando qualche incauto ha consegnato a Bondik le relazioni di apertura dell’Anno giudiziario nelle Corti d’Appello. Il ministro da combattimento ha subito armato la penna per reagire: «Siamo di fronte a prese di posizioni che delineano una sorta di contropotere politico e legislativo, che viola i principi essenziali della nostra Carta Costituzionale e di ogni democrazia liberale, e che sarebbe inconcepibile in qualsiasi altro Paese democratico».
Bondik è anche planato in soccorso di Minzolini, avvertendo la sinistra di «smetterla di attaccare il direttore del Tg1».

Ma la missione che gli spetta è molto più grande, ora che l’attacco al Pdl è plurimo. «D’ora in poi il nostro impegno politico e la nostra ragione di vita si identificano con la difesa dei principi di libertà e della democrazia», ha scandito Bondik, facendo frusciare il suo mantello.

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