E i farmacisti proclamano lo sciopero

Deciso un giorno di serrata: «Servizio stravolto, violata la Costituzione»

Barbara Benini

da Milano

Dopo i tassisti, anche i farmacisti. Con contestazioni sia di metodo che di merito. La protesta delle categorie colpite dal decreto legge Bersani si estende e ieri anche Federfarma, l’associazione che riunisce i titolari di farmacie italiani, ha proclamato lo stato di agitazione.
Il Consiglio di presidenza, convocato in riunione permanente, ha deciso una serie di iniziative di protesta, compresa una giornata di chiusura delle farmacie, in una data che sarà definita nei prossimi giorni dall’Assemblea nazionale.
Oggetto dell’alzata di scudi, sia la mancata concertazione tra le parti in causa, governo e associazioni di categoria, sia le ripercussioni che, secondo Federfarma, la riforma avrà sulla salute dei cittadini.
In una nota Federfarma, che chiede un incontro urgente con il premier Romano Prodi, lamenta che «le misure siano state varate dopo un blitz notturno, senza la concertazione preannunciata più volte dallo stesso presidente del Consiglio e senza tenere minimamente conto delle proposte formulate dai farmacisti».
Un comportamento giudicato scorretto, intorno al quale aleggia il dubbio che la decisione del governo sia stata dettata da esigenze «corporative». Le decisioni sui farmaci «sembrano orientate più a pagare una cambiale a grandi gruppi economici - dice il presidente di Federfarma, Giorgio Siri - che a tutelare la salute dei cittadini». Tradotto: un regalo alle cooperative amiche del governo.
Un approccio commerciale che secondo Federfarma non ha come priorità la salute dei cittadini e che rischia di determinare un «pericoloso» cambiamento di mentalità, con i farmaci ridotti a mero prodotto di consumo e l’incentivo a un utilizzo indiscriminato. «Abbiamo i farmaci più cari d’Europa - dice il segretario nazionale dell’associazine, Franco Caprino - e i prezzi saliranno ancora». Aggrava la situazione «l’innegabile svantaggio nel quale si troveranno le farmacie, soprattutto quelle dei piccoli centri, che rischieranno di essere stritolate dalle politiche commerciali aggressive dei grandi esercizi». Per non parlare di una presunta violazione della Costituzione: il decreto «consente alle multinazionali della distibuzione intermedia del farmaco di gestire farmacie, nonostante la Corte costituzionale abbia affermato che tale commistione genera un conflitto d’interessi pericoloso per la salute pubblica».
A inasprire i toni, lo “sfondo europeo” che Federfarma individua all’orizzonte. «Appaiono singolari - dicono dall’Associazione - lo zelo e la tempestività con i quali si tenta di accontentare Bruxelles nell’introdurre norme che trasformeranno la dispensazione di farmaci in un’attività prettamente commerciale».

Il riferimento è alla recente decisione della Commissione Europea di portare l’Italia di fronte alla Corte di Giustizia per le restrizioni imposte dalla legge nazionale alla partecipazione e alla proprietà delle farmacie.

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