E ora il Pd appoggia la Lega: «Niente soldi agli stranieri»

Vicenza Cambiano i sindaci, cambiano le casacche, resta la politica. La stessa politica legata all’esperienza di dover gestire, nel modo migliore possibile, circa 4.200 immigrati residenti su 25mila, cioè il 17% del totale. Siamo a Montecchio Maggiore (Vicenza), la città dei castelli di Giulietta e Romeo, dove in realtà destra e sinistra se ne impipano delle disquisizioni teoriche e delle disfide di schieramento. Dalla primavera scorsa il municipio è passato dal Pd alla Lega, da Maurizio Scalabrin a Milena Cecchetto, ma la musica non è cambiata di molto.
L’ultimo provvedimento comunale, firmato dall’amministrazione di centrodestra, riguarda il contributo municipale a favore delle famiglie in difficoltà. Si tratta di un fondo cosiddetto anticrisi stanziato per erogare circa 300 euro di agevolazioni fiscali in materie di tariffe di igiene ambientale, al servizio di mensa, al trasporto scolastico, e alle rette di frequenza degli asili. Il punto chiave di questo provvedimento sta nella differenza di trattamento (a sinistra la chiameranno discriminazione) prevista per italiani e stranieri: i primi potranno accedere al fondo, i secondi no. O meglio, i primi potranno accedervi senza alcuna condizione, mentre i secondi dovranno dimostrare di essere residenti da almeno sei anni. Quando si è trattato di andare a discutere in consiglio comunale non è successo quel che che sarebbe successo a Roma: più che di razzismo e di integrazione, si è parlato della possibilità concreta che un provvedimento di benefici senza condizioni avrebbe potuto provocare un esodo di nuovi immigrati dai comuni vicini. Da Arzignano, per citare quello confinante, dove risiedono oltre 5.000 immigrati in gran parte addetti al settore, ora in crisi nera, della concia. Per questo la delibera è stata approvata all’unanimità.
Anche perché, vale la pena ricordarlo, era stata proprio la giunta precedente a iniziare la stesura di questo progetto. Di più, Scalabrin era finito sui giornali nazionali, per la verità assieme al collega di Arzignano, Stefano Fracasso, sempre del Pd, per essersi mobilitato nei confronti di Caritas e delle ambasciate di vari Paesi africani affinché i lavoratori immigrati potessero essere aiutati a tornare in patria. Anche in questo caso si trattava di un provvedimento dettato dalla situazione economica, studiato da amministratori che vivono fianco a fianco a imprenditori che boccheggiano e a lavoratori che, nella migliore delle ipotesi, vanno in cassa integrazione. E alla fine sulle soluzioni pratiche Pd, Lega o Pdl pari sono. E grazie a questo buon senso bipartisan, i montecchiani rimasti senza lavoro e anche i lavoratori autonomi che sono stati costretti a chiudere l’attività, potranno accedere ai fondi anticrisi una volta presentata la documentazione sull’effettiva disponibilità economica del nucleo familiare. Giusto perché non succeda come quel padovano che aveva lo yacht a Porto Cervo e chiedeva il buono scolastico per i figli.
Scalabrin, l’ex sindaco di centrosinistra ora sui banchi della minoranza, conferma che la misura era stata proposta dalla sua amministrazione. «Sembra rigida nei confronti degli stranieri - spiega - ma in realtà a Montecchio gli immigrati residenti da più di sei anni sono molti. E quindi, nei fatti, non c’è alcuna discriminazione».

Questo è lo stesso Nord-est in cui la Cgil (sezione di Treviso) chiede di sospendere il flusso degli immigrati perché la situazione economica non permette ulteriori «sbarchi». Non sarebbe da stupirsi se alle prossime regionali saltasse fuori qualche alleanza stramba.

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