da Roma
Se Clemente Mastella ha commesso i reati per cui è indagato nell’inchiesta Why not, non l’ha fatto da ministro della Giustizia. Il fascicolo avocato dalla Procura generale di Catanzaro, togliendolo al pm Luigi De Magistris, non viene trasmesso dalla Procura di Roma al Tribunale dei ministri. «Ho sempre detto che il motivo di quell’avocazione era sottrarmi l’inchiesta e continuo a pensarla così. Lo dimostrerò nelle sedi competenti», commenta da Bruxelles De Magistris. Che aveva previsto la mancata competenza del collegio per i reati ministeriali. Per lui, attentati all’indipendenza e all’autonomia della magistratura sono venuti dal governo della Cdl con alcune riforme, ma anche da quello di centrosinistra con «le revoche illegittime dei procedimenti con un tratto di penna, con le avocazioni», di voga prima della Costituzione e negli anni ’50. Questo, sottolinea, è «l’unico procedimento di avocazione fatto dal Pg». Mastella non commenta, se la cava con una battuta dotta: «De Magistris? Un egregio pittore del ’500 che si affermò nelle Marche, dove portò la lezione pittorica del manierismo romano».
Come andrà avanti ora l’inchiesta Why not sui fondi Ue, che ha tra gli indagati Romano Prodi, oltre che Mastella? Il pm romano Sergio Colaiocco, con il procuratore Giovanni Ferrara, ha interrogato nei giorni scorsi l’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato che con le sue dichiarazioni ha indotto De Magistris a iscrivere il Guardasigilli nel registro degli indagati a fine ottobre e ha esaminato tutti i faldoni arrivati da Catanzaro 15 giorni fa. Alla fine, ha rispedito parte degli atti in Calabria e ha trattenuto quelli utili per continuare l’indagine su eventuali reati commessi a Roma come parlamentare e leader dell’Udeur da Mastella, che nella capitale resta indagato per truffa, finanziamento illecito e abuso d’ufficio.
Intanto, si rimette in moto il Pg facente funzioni di Catanzaro Dolcino Favi, quello dell’avocazione. Ieri ha incontrato i due pm incaricati, Francesco De Tommasi e Pier Paolo Bruni. Ma tra pochi giorni arriverà al suo posto Vincenzo Iannelli, già nominato dal Csm e per il quale è stato disposto l’anticipato possesso.
De Magistris è in attesa dell’esito dell’azione disciplinare. La sezione disciplinare deciderà sul trasferimento cautelare chiesto da Mastella il 17 dicembre, ma prima potrebbe intervenire la 1ª Commissione, che giovedì potrebbe aprire un procedimento ex articolo 2, per incompatibilità ambientale. Porterebbe sempre al trasferimento, ma incolpevole. Intanto un’altra commissione del Csm, la terza, accoglie la richiesta fatta tempo fa da De Magistris per andare a Napoli. Il magistrato, però, ora dice che revocherà quella domanda, perché vuole restare «per qualche altro anno» in Calabria, né certo lo tenta la politica. «Se poi mi trasferiscono d’ufficio - aggiunge - è un altro conto». Su lungaggini dei processi e frequenti prescrizioni, De Magistris conviene che è un «disastro». E la colpa di chi è? «Certe volte delle leggi, ma anche la magistratura dovrebbe fare autocritica». La responsabilità della crisi è anche di una magistratura che, «soprattutto con il governo di centrosinistra si è andata troppo a sedere nelle stanze del potere» e non ha «la forza di rimettere sul tappeto questi argomenti così centrali». Di un’Anm politicizzata, che è stata «tiepida» in sua difesa e ha reagito col «silenzio» all’avocazione e al trasferimento chiesto dal ministro. «Troppe vicinanze, troppi ammiccamenti tra magistratura associata e potere esecutivo. Se l’avesse fatto il governo Berlusconi avremmo avuto pensionati, Slow Food e McDonald’s a riempire le piazze».
L’insoddisfazione di De Magistris trova conferma nei primi risultati delle elezioni dei vertici dell’Anm: sconfitte le correnti di sinistra, le più politicizzate e deboli nella critica alla riforma Mastella; premiati i moderati impegnati su questioni sindacali come le retribuzioni; sale, anche se del 10-15 per cento, l’astensionismo promosso su blog e mailing list da un movimento critico verso le correnti, anche per la scarsa difesa di De Magistris.
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