Antonio Polito sulle pagine del Foglio fa empatia. Si mette nei panni di Berlusconi e snocciola le tre ragioni per le quali non gli converrebbe chiedere le elezioni anticipate subito. Non sarebbe difficile confutarne le argomentazioni. Qui, però, m'interessa di più seguirne l'esempio: mettersi dalla parte della sinistra e individuare tre motivi che dovrebbero indurla ad acchiappare al volo la disponibilità berlusconiana per le elezioni.
1) Mettere un freno all'attacco che la sinistra sta subendo dall'esterno da parte dell'antipolitica e dall'interno a causa del proprio autolesionismo. È sotto gli occhi di tutti il fatto che «il grillismo» colpisca, per ora, innanzitutto la sinistra. Vi è un popolo che riteneva di stare dalla parte dei migliori e che ha scoperto all'improvviso, nei propri quartieri, un'inaspettata dose di incompetenza e di corruzione. Per questo, sta annegando la delusione in un più ampio e generico sentimento anti-politico.
Questa dinamica che si è diffusa alla base interagisce con i litigi dei vertici. Ci sono i conti da saldare negli equilibri del nuovo partito. C'è il nuovo antagonismo permanente tra chi è entrato nel Partito democratico e quanti ne sono rimasti fuori. E ci sono, infine, vecchie ruggini che stanno degenerando. Non è facile immaginarsi nei panni di D'Alema e Latorre, ma non dev'essere una bella sensazione sentirsi garantiti dai propri avversari mentre una buona parte dei tuoi amici vorrebbe metterti nelle mani dei magistrati! A questo punto, solo nuove elezioni potrebbero consentire alla sinistra di fare reset e di ripartire.
2) Limitare i danni elettorali. Se si andasse a votare subito, non soltanto la sinistra eviterebbe il referendum che costringerebbe i «fratelli coltelli» ad andare ad abitare addirittura sotto lo stesso tetto. Una probabile vittoria di Berlusconi, inoltre, non acquisirebbe al Senato dimensioni oceaniche (Polito pensa a dieci senatori di vantaggio; più esattamente, ad oggi, sarebbero sedici). E ciò renderebbe più agevole giungere a quella «tregua nazionale» indispensabile per riformare lo Stato, che il centro-destra aveva proposto all'inizio di questa legislatura e che il centro-sinistra ha sdegnosamente rimandato al mittente.
3) La circostanza per la quale elezioni immediate non ipotecherebbero l'elezione del prossimo Presidente della Repubblica e, per questo, lascerebbe intatta l'ultima rendita di posizione della quale la sinistra gode. Non solo perché alla Presidenza della Repubblica è legata la risorsa della legittimazione, indispensabile per non restare in eterno figli di un Dio minore. Anche perché da essa discendono nomine - senatori a vita, giudici della Corte Costituzionale, componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, eccetera - senza le quali è più difficile governare.
E allora, se ragioni così evidenti militano dalla parte delle elezioni anticipate, perché la sinistra continua a vederle come fumo negli occhi? C'è, certo, un comprensibile riflesso di sopravvivenza, che in politica si alimenta della speranza che qualche imprevisto possa sempre capovolgere persino le situazioni più compromesse. C'è però anche altro, e quest'altro si chiama Walter Veltroni. Non è vero, infatti, che il leader in pectore del Partito Democratico sopravvivrebbe a una sconfitta elettorale, per quanto annunziata. Se sconfitta sarà, l'implosione del Partito Democratico e il fallimento della sua leadership verranno come conseguenze.
D'altra parte, dopo il 14 ottobre, sarà sempre più evidente la difficoltà di Veltroni di legare la propria sorte a quella di un governo in caduta libera. Gli resterebbe una «terza via»: liquidare Prodi e sostituirlo a Palazzo Chigi, chiedendo alla sinistra uno scatto d'orgoglio e giocandosi il tutto per tutto in elezioni da svolgersi nel 2009, in contemporanea con le europee.
Gaetano Quagliariello
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