Il governo Berlusconi IV ha risanato i conti pubblici, conseguendo l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013. Il debito pubblico è stato ricondotto su un sentiero di progressiva riduzione. Nel 2014 avremo un avanzo di bilancio pari allo 0,2% del Pil, un avanzo primario pari al 5,7% del Pil e un debito pubblico al 112,6% del Pil (Nota di aggiornamento al Def, 22 settembre 2011). Per realizzare questo obiettivo sono state approvate durante l’estate in tempi record due importanti manovre di finanza pubblica che comporteranno una correzione del Deficit tendenziale nel quadriennio 2011-2014 pari rispettivamente a 0,2%, 1,7%, 3,3% e 3,5% del Pil, ossia circa 60 miliardi di euro a regime (Nota di aggiornamento al Def, 22 settembre 2011). Nel 2011 si prevede un avanzo primario consistente pari allo 0,9% del Pil. Nonostante l’aumento delle spese per il servizio del debito, questo consentirà la riduzione del rapporto debito/Pil già nel 2012 (119,5% dal 120,6% del 2011) (Nota di aggiornamento al Def, 22 settembre 2011). I dati relativi ai primi otto mesi dell’anno sono coerenti con questi obiettivi.
FABBISOGNO DELLA PA E DEBITO IN DIMINUZIONE
Nei primi otto mesi di quest’anno il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche al netto delle dismissioni immobiliari è stato pari a 50,5 miliardi, inferiore di 2,2 miliardi rispetto al corrispondente periodo del 2010. Escludendo le erogazioni in favore della Grecia e la quota di competenza dell’Italia dei prestiti erogati dallo European Financial Stability Facility (Efsf), il fabbisogno si è ridotto di 6,3 miliardi (Ministero dell’Economia e delle Finanze). Inoltre, l’incremento registrato nello stesso periodo dal debito delle amministrazioni pubbliche è stato pari a +56,7 miliardi, inferiore rispetto quello che si è avuto nello stesso periodo del 2010 (+78,4 miliardi). Ad agosto il debito è sceso nuovamente sotto quota 1.900 miliardi (Banca d’Italia, Finanza pubblica, fabbisogno e debito, 14 ottobre 2011).
CONTI PUBBLICI RISANATI
L’azione di risanamento dei conti pubblici portata avanti dal governo Berlusconi non si limita solo agli interventi decisi nel 2011, ma parte da più lontano. L’Italia, infatti, ha affrontato gli anni della crisi internazionale con una gestione prudente e rigorosa così da limitare il più possibile l’inevitabile deterioramento dei conti pubblici. Tra il 2008 e il 2010 il rapporto debito/Pil è aumentato meno rispetto ad altri paesi. In Italia il rapporto è cresciuto di 12,7 punti percentuali, contro i 25,6 della Gran Bretagna, i 20,3 della Spagna, i 16,9 della Germania e i 14 della Francia (Eurostat, General Government consolidated gross debt).
FINANZE SOLIDE
La dinamica degli spread dei titoli italiani rispetto al Bund si è mantenuta al di sotto di quella di molti paesi dell’area euro nel corso del 2010. Nel 2007, prima della crisi, lo spread Btp/Bund era pari a 20-25 punti; tra il 2008 e il 2009 lo spread è rimasto, a eccezione di un picco di 157 punti, nell’intorno dei 100 punti, valore su cui è rimasto fino alla primavera del 2010. Lo spread è poi aumentato, rimanendo però sotto la soglia dei 200 punti fino a luglio 2011. Negli ultimi mesi, in concomitanza con le turbolenze sui mercati finanziari, la forbice si è allargata con picchi superiori ai 400 punti base. Il dato sullo spread non tiene conto dei molti punti di forza delle finanze del sistema Italia: solidità del nostro sistema bancario, basso livello di indebitamento di famiglie e imprese e assenza di squilibri sul mercato immobiliare.
SISTEMA BANCARIO IN SALUTE
I cinque gruppi bancari italiani che hanno partecipato allo stress test europeo (UniCredit, Intesa San Paolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UBI Banca) hanno superato con ampio margine il valore di riferimento del 5%. Le banche coinvolte rappresentano oltre il 62% del totale dell’attivo del sistema bancario nazionale. L’esercizio conferma l’adeguatezza della capitalizzazione delle banche italiane e la capacità di assorbire l’impatto di un eventuale forte deterioramento delle attuali condizioni macroeconomiche e di mercato (Banca d’Italia, Comunicato stampa, 15 luglio 2011).
DEBITO DEL SETTORE PRIVATO
La posizione debitoria italiana è complessivamente solida. Nel 2009 il debito nazionale lordo (somma del debito pubblico e del debito di famiglie, imprese finanziarie e non) era pari al 337% del Pil, contro il 531% della Gran Bretagna, 371% della Spagna, 352% della Francia e 290% della Germania. Sempre con riferimento al 2009, il debito del settore privato (somma del debito delle famiglie, delle imprese finanziarie e non) dell’Italia era pari al 221% del Pil, contro il 463% della Gran Bretagna, il 318% della Spagna, il 274% della Francia e il 217% della Germania. In particolare il debito delle famiglie italiane era pari al 42% del Pil, contro il 103% per quelle britanniche, l’84% per quelle spagnole, il 63% per quelle tedesche e il 51% per quelle francesi (Def, 13 aprile 2011).
Le famiglie italiane detengono oltre 9mila miliardi di euro di ricchezza, cioè ogni italiano adulto ha in media una ricchezza procapite di circa 190mila euro, l’Italia si colloca al terzo e all’ottavo posto rispettivamente della classifica europea e mondiale (su 160 Paesi) (Global Wealth Report 2011, Credit Suisse Research Institute).
L’Italia ha il più basso debito privato medio per adulto tra i Paesi del G7 (15.800 euro). Il nostro Paese conquista invece il terzo posto (con la Germania) per numero assoluto di adulti con una ricchezza personale superiore a 100mila dollari, preceduta solo da Usa e Giappone. L’Italia è al secondo posto nel mondo per variazione negativa della ricchezza delle famiglie fra il 2007 e il 2010 dopo la grande crisi, con un calo del 3,8% (Global Wealth Report 2011, Credit Suisse Research Institute).
NESSUNA BOLLA IMMOBILIARE
Non abbiamo avuto una bolla del settore immobiliare e durante la crisi i prezzi non sono crollati. Tra il 2008 e il 2010 in Italia i valori immobiliari reali sono diminuiti in media del -2%, contro il -5,7% della Spagna, il -5,4% del Regno Unito, il -4,5% della Francia. In Germania i prezzi immobiliari in termini reali si sono ridotti in media dello -0,1% (Elaborazioni su dati OCSE, Economic Outlook n.89). Considerato che oltre l’80% della ricchezza reale delle famiglie è data dall’abitazione (Banca d’Italia, Indagine sulla ricchezza delle famiglie 2009), la loro ricchezza è rimasta quindi sostanzialmente intatta.
LE CRITICITÀ: LA CRESCITA
Questi fattori positivi si accompagnano alle tre criticità dell’economia italiana: bassa crescita, bassa partecipazione, bassa produttività. Negli ultimi 15 anni il Pil è cresciuto meno della media area Euro e nel corso della recessione macroeconomica globale 2008-’09, si è ridotto in misura maggiore. Ciò denota un lungo periodo di scarso dinamismo della nostra economia e, allo stesso tempo, una sua maggiore sensibilità al ciclo economico. Il tasso di crescita del prodotto potenziale, che misura le prospettive di medio-lungo periodo dell’economia, nell’ultimo decennio dello scorso secolo è rimasto vicino a quello medio dell’area Euro (1,9% contro 2,2%), ma nel decennio successivo ha registrato un ritardo di circa 1 punto percentuale. Questo rende il nostro sistema più esposto ai contraccolpi delle oscillazioni cicliche e agli effetti negativi delle crisi finanziarie e macroeconomiche.
LA PRODUTTIVITÀ STAGNA
Se, ad esempio, prendiamo la produttività del lavoro, si nota che sino alla metà degli anni Novanta, l’Italia aveva un tasso di crescita superiore di circa 1 punto percentuale e mezzo rispetto a quello medio dell’Euro Area. Nel periodo 1996-2011 il tasso di crescita medio della produttività del lavoro è stato pari allo 0%, mentre nell’Area Euro il dato corrispondente è stato dello 0,9%. Questa inerzia è anche la causa della perdita di competitività dell’Italia. Mentre la produttività è inferiore a quella degli altri paesi nostri concorrenti, i salari nominali crescono grosso modo allo stesso ritmo al quale crescono negli altri paesi. Ciò determina un aumento del costo unitario del lavoro maggiore in Italia che negli altri paesi, pregiudicandone la capacità competitiva. Ancora troppe persone, inoltre, non partecipano al mercato del lavoro: il tasso di attività era il 62,2% nel 2010 contro una media area Euro17 del 71,4%.
I CONTI AGGIORNATI
È doveroso segnalare che la nuova serie dei conti nazionali indica che nel 2010 il Pil italiano è cresciuto dell’1,5% e non dell’1,3% e, nei due anni della crisi, il Pil si è ridotto meno di quanto prima stimato (-1,2% invece di -1,3% nel 2008 e -5,1% invece di -5,2% nel 2009).
L’OCCUPAZIONE IN MEDIA
A fronte della bassa crescita che caratterizza l’Italia da oltre un decennio, alcuni indicatori evidenziano segnali rassicuranti sulla tenuta del nostro Paese. Pur rimanendo bassi, i nostri tassi di occupazione si sono avvicinati a quelli della media europea, il divario nel tasso di occupazione rispetto alla media Area Euro-17 paesi era 7,7 punti percentuali nel 2000, contro i 7,3 punti percentuali nel 2010 (Eurostat, Employment rate - 15 to 64 years).
DISOCCUPAZIONE CONTENUTA
Inoltre a partire dal 2003 l’Italia ha registrato tassi di disoccupazione inferiori alla media dell’Area Euro e anche negli anni della crisi si sono mantenuti relativamente bassi (nel triennio 2008-2010 rispettivamente 6,7%; 7,8%; 8,4% contro il 7,6%; 9,6% e 10,1% della media area Euro17; ad agosto, ultimo dato disponibile, il tasso di disoccupazione in Italia si è attestato sul 7,9% ossia 2,1 punti percentuali in meno della media area Euro17 (Banca dati on line Eurostat).
COESIONE SOCIALE GARANTITA
La crisi globale è stata fronteggiata in modo efficace, garantendo la coesione sociale e senza particolari tensioni. Tra 2007 e 2011 le ore perse per sciopero nelle grandi imprese mostrano anzi un trend lievemente decrescente (ore di sciopero ogni 1.000 ore effettivamente lavorate nelle grandi imprese: picco 2007 = 4,8; picco 2008 = 4; picco 2009 = 2,9; picco 2010 = 2,9 e picco 2011 ad oggi = 4,5) (banca dati ConIstat).
AMMORTIZZATORI SOCIALI
Durante la crisi gli ammortizzatori sociali hanno consentito di non disperdere capitale umano e con la cassa integrazione in deroga è stata ampliata la rete di protezione sociale. Le risorse messe in campo sono state circa 38 miliardi di euro, pari a oltre il 2% del prodotto interno lordo. Nel 2008 sono state autorizzate 228 milioni di ore di cassa integrazione, 914 milioni nel 2009 e 1 miliardo e 203 milioni nel 2010. Nei primi 9 mesi del 2011 le ore autorizzate sono state 732 milioni (Inps, Osservatorio sulla Cassa Integrazione Guadagni).
IL PESO DELLE PENSIONI
Nel corso degli anni il nostro paese ha attuato importanti riforme per sterilizzare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica e accrescere così la sostenibilità di lungo periodo dei nostri conti pubblici. Nel periodo 2007-2060 è previsto che la spesa pubblica collegata all’invecchiamento cresca solo del +1,6% in Italia, contro il 4,8% in Germania, +2,7% in Francia e +9% la Spagna (European Commission and Economic Policy Committee, 2009 Ageing report).
LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE
In tre anni si sono ottenuti importanti successi sul fronte della lotta all’evasione fiscale. Il gettito recuperato nel 2008 era pari a circa 11 miliardi di euro, nel 2010 è più che raddoppiato (25,4 miliardi di euro) (Agenzia delle Entrate, Inps ed Equitalia, 10 febbraio 2011). È in cantiere l’accordo bilaterale con la Confederazione elvetica per l’introduzione di un meccanismo di prelievo da applicare ai cittadini italiani non residenti in Svizzera che vi detengano capitali o beni patrimoniali che consentirà di recuperare 15-17 miliardi di euro.
L’ECONOMIA ITALIANA RISALE
Gli ultimi dati su ordinativi, produzione e fatturato dell’industria mostrano un significativo miglioramento rispetto ai mesi precedenti. Ad agosto gli ordinativi registrano un aumento del +5% su base congiunturale e del +10,5% rispetto ad agosto 2010 (Istat, Fatturato e ordinativi dell’industria, 19 ottobre 2011). Nello stesso periodo la produzione è cresciuta del +4,3% su base congiunturale e del +4,7% in termini tendenziali, (Istat, Produzione industriale, 10 ottobre 2011). Il fatturato ha registrato una crescita del +4% rispetto al mese precedente e del +12% rispetto ad agosto 2010 (Istat, Fatturato e ordinativi dell’industria, 19 ottobre 2011). Questi dati, letti con la dovuta cautela in attesa di ulteriori conferme, costituiscono un segnale positivo per la nostra economia nella direzione del recupero dell’attività produttiva.
IMPORT ED EXPORT
Quanto al commercio estero crescono, anche se di poco, le esportazioni, che sono state il traino della ripresa nel 2010. Nel mese di agosto l’export ha registrato un aumento del +0,1% rispetto al mese precedente, a fronte di una crescita delle importazioni del +0,9%. Tuttavia analizzando i dati tendenziali, l’export di agosto mostra una crescita sostenuta pari al +16,2%, rispetto al +12,5% registrato dalle importazioni (Istat, Commercio con l’estero, 14 ottobre 2011).
INFLAZIONE SOTTO CONTROLLO
Nel complesso l’inflazione è sotto controllo. Anche se nel mese di settembre l’indice dei prezzi al consumo (Nic) ha registrato una crescita del 3% rispetto a settembre 2010, la dinamica di fondo, pur in rialzo, rimane moderata. L’inflazione acquisita per il 2011 è pari al 2,6% (Istat, Prezzi al consumo, 14 ottobre 2011).
UN’AGENDA LIBERALE E RIFORMISTA DA COMPLETARE
Il governo non si è limitato a combattere la crisi, ma ha saputo andare oltre portando avanti il più importante programma riformista che il nostro Paese abbia visto negli ultimi decenni. Molto è stato già fatto, è lunghissimo l’elenco delle riforme di grande spessore già completate come le riforme dell’università e della scuola, la riforma della pubblica amministrazione e del pubblico impiego, la riforma delle pensioni, l’imponente processo di riduzione della normativa vigente, la riforma e gli interventi per l’efficienza della giustizia civile, l’attività di riordino e di codifica della normativa per settori omogenei fino all’emanazione del codice Antimafia e, infine, le nuove procedure di bilancio. Altre necessitano di nuovo slancio per essere portate a termine entro il 2013, come il federalismo fiscale.
Inoltre, con il programma nazionale di riforma presentato in primavera, l’Italia ha formalizzato il proprio impegno nei confronti dei propri cittadini e dei partner europei a realizzare questo riforme strutturali ambiziose in modo da superare definitivamente la crisi e rilanciare uno sviluppo intelligente, sostenibile e duraturo per il Paese.
L’AGENDA DELLA BCE
L’agenda della Bce è stata messa all’ordine del giorno e in gran parte già ottemperata. L’agenda della Bce per l’Italia, tracciata nella lettera inviata il 5 agosto, in realtà era già l’agenda del governo. La lettera non ha fatto altro che accelerare un percorso avviato dall’esecutivo con il Def, il dl sviluppo e il dl manovra (di luglio). Se confrontiamo i provvedimenti varati dal governo con le raccomandazioni scopriamo che questi combaciano, per la gran parte, con le indicazioni della Bce.
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