Bitcoin & co. nelle riserve strategiche degli Usa: i possibili riflessi su rating e dollaro

Alta volatilità dei prezzi del Bitcoin dopo l'annuncio di Trump che gli Usa istituiranno una riserva strategica di criptovalute. Una mossa che potrebbe avere implicazioni non da poco sul rating creditizio degli Stati Uniti e sul dollaro

Bitcoin & co. nelle riserve strategiche degli Usa: i possibili riflessi su rating e dollaro

Brusco dietrofront del bitcoin e degli altri cripto asset. Il prezzo del Bitcoin segna ieri si è sgonfiato repentinamente di oltre il 10% a causa dell'escalation della guerra commerciale e l'incertezza che circonda l'istituzione di una riserva di criptovalute negli Stati Uniti, annunciata domenica sera da Trump via social e che inizialmente aveva comportato una reazione entusiasta del mercato.
Il bitcoin al momento segna un calo dell'8% in area 83mila dollari, riavvicinando i minimi a tre mesi toccati venerdì scorso in area 78mila. Ieri, prima di crollare, il prezzo si era spinto fino a 94mila dollari.
Il progetto di Donald Trump di creare una riserva strategica di criptovalute non ha convinto appieno il mercato che attende ulteriori dettagli, che potrebbero arrivare già il 7 marzo in occasione del primo Crypto Summit organizzato alla casa Bianca con tutti i principali player del settore presenti.

Trump si è limitato a indicare che Bitcoin, Ethereum, Ripple (Xrp), Solana e Cardano saranno inizialmente i token inclusi nella riserva strategica nazionale degli Stati Uniti.
La decisione di incorporare criptovalute nella riserva strategica mira a diversificare gli asset detenuti dal governo, riducendo la dipendenza esclusiva da risorse tradizionali come l’oro e il petrolio. "Questa strategia nelle intenzioni della nuova Amministrazione è concepita per rafforzare la posizione degli Stati Uniti nel mercato globale delle criptovalute, promuovendo l’innovazione tecnologica e finanziaria all’interno del paese", spiega Nicolò Nunziata di The Lighthouse, ufficio studi Finint Private Bank.

"L’introduzione delle criptovalute nelle riserve strategiche, la deregolamentazione legata alla mancanza di controlli e autorizzazioni per una serie di attività legate alla Blockchain, il ridimensionamento di alcune Agenzie legate indirettamente a SEC e FTC, potrebbero evidenziare un tema di Corporate Governance che in futuro soprattutto le società di rating potrebbero analizzare attentamente", rimarca Nicolò Nunziata di The Lighthouse, ufficio studi Finint Private Bank che si pone la domanda se l’inclusione di criptovalute nelle riserve strategiche possa avere in futuro implicazioni negative sul rating creditizio degli Stati Uniti e sul dollaro.

Quali implicazioni per il dollaro Usa?

Alcuni analisti ritengono che l’acquisizione di criptovalute possa rafforzare il dollaro, posizionando gli Stati Uniti come leader nel mercato delle criptovalute e riducendo il deficit senza aumentare le tasse. Altri, invece, ipotizzano che l’adozione di asset volatili potrebbe indebolire la stabilità del dollaro. Analogamente, le agenzie di rating potrebbero valutare l’inclusione di criptovalute come un aumento del rischio, data la volatilità intrinseca di questi asset. "Tuttavia - precisa Nunziata - se gestita con prudenza e con un peso minimo all’interno di una strategia di diversificazione più ampia, questa issue in termini pratici potrebbe non avere alcuna influenza sul rating creditizio degli Stati Uniti".
Il mercato potrebbe usare la scusa delle criptovalute all’interno delle riserve strategiche, ma l'opinione di Finint Private Bank è che sono già presenti diversi elementi, per la precisione quattro, per far ipotizzare che il dollaro debba progressivamente svalutarsi nei prossimi trimestri.

Il primo è che il presidente Trump ha più volte pubblicamente espresso l’intenzione di indebolire il dollaro per ridurre il deficit commerciale e rafforzare la produzione manifatturiera nazionale; Secondo, sia il presidente Trump che il Ministro del Tesoro Bessent vorrebbero tassi di interesse più bassi. In quel caso sarebbe ragionevole attendersi un minore interesse del mercato per il dollaro;

Terzo, il principale consigliere economico di Trump, Stephen Miran, ha proposto nel paper “A User’s Guide to Restructuring the Global Trading System” di replicare l’Accordo del Plaza del 1985, quando le principali economie coordinarono interventi per svalutare il dollaro. A pagina 35 del paper Miran, parlando delle tariffe e del loro impatto, scrive testualmente “Therefore, I expect policy to be dollar–positive before it becomes dollar negative”. Unico aspetto da definire è se il Trump Trade già sconti il rialzo del dollaro oppure potrebbero esserci nuovi rimbalzi nel momento in cui dopo quelli annunciati dovessero esserci ulteriori interventi sostanziali sulle tariffe;

Quarto e ultimo, la storia della prima Amministrazione Trump potrebbe ripetersi. Nel primo anno di insediamento (2017) gli eventi principali furono l’annuncio del taglio delle tasse e una Fed non particolarmente aggressiva (presieduta dalla Yellen fino a metà mandato), che portarono ad una perdita per il dollaro di oltre il 10%. Tra il 2018 e il 2019 ci furono le tariffe e gli effetti della crescita sull’inflazione: la Fed aumentò ripetutamente i tassi di interesse e il dollaro si riapprezzò, prima di scendere definitivamente dopo il Covid, ovvero nell’ultimo anno di Trump.

In merito all'ultimo punto, oggi la Fed è

più dovish di allora, le tariffe non solo sono state annunciate ma sono in via di implementazione e i tagli alla pubblica amministrazione dovrebbero rallentare la crescita e indebolire le pressioni inflazionistiche.

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