Basta col tabù del testamento

Qualche sera fa, nel corso di un evento cui ero stato invitato per parlare di passaggio generazionale ho chiesto alle persone presenti quante di loro avessero scritto il testamento. Dopo qualche secondo, le ho invitate ad alzare la mano senza essere farsi frenare dalla timidezza. Su un centinaio di presenti solo due o tre lo hanno fatto. Il 2,3 % della sala, a conferma di ciò che raccontano le statistiche a livello nazionale.

Scaramanzia? Superficialità? Sta di fatto che gli italiani sembrano poco sensibili a pianificare il modo di trasferire le proprie ricchezze e anche le proprie imprese alle generazioni successive. Vi racconto una storia che mi ha fatto riflettere e che spero aiuti anche a voi. Tre anni fa, un caro amico imprenditore è scomparso improvvisamente, lasciando moglie e due figli minorenni. Non si era preoccupato di scrivere alcun testamento così, il suo patrimonio, gestito da un giudice, è stato diviso in parti uguali: uno terzo a ciascuno degli eredi. Uno alla moglie e uno a ciascuno dei due figli. La mamma, può svolgere gli atti di ordinaria amministrazione, che tendono alla conservazione del patrimonio, mentre per quelli di straordinaria amministrazione, che determinano un aumento o una riduzione del patrimonio, occorre l'autorizzazione del giudice tutelare, in pratica non può usare veramente quel denaro. Non basta. Il figlio più grande sta per diventare maggiorenne. Sta per incassare il suo terzo. Sarà pronto a farlo? Sarà in grado di non fare errori? La madre, che si è confidata con il sottoscritto è preoccupatissima, anche perché si tratta di un capitale estremamente importante.

Detto ciò, mi chiedo.

Se ci fosse stato ancora, cosa avrebbe scelto il mio amico per i suoi figli? È giusto che siano altri a decidere cosa accada al frutto delle nostre vite, dei nostri sacrifici? Forse non sarebbe meglio pensarci per tempo?

leopoldo.gasbarro@me.com

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