
Sul pianeta Piazza Affari tutto sembra andare per il meglio. L'indice Ftse Mib a 37.977 punti ha guadagnato quasi il 20% negli ultimi 12 mesi performando meglio dello Stoxx Europe 600 (+6,4%), del Dax tedesco (+8,5%), del Cac 40 francese (+7,8%) e dell'Ibex spagnolo (+7,2%). Poiché i finanziari hanno un notevole peso specifico, la spinta è arrivata dalla raffica di rialzi superiori al 50% delle banche, forti dei margini solidi che risentono ancora dei tassi elevati praticati fino a metà 2024. In questo panorama spiccano il balzo del 140% di Unipol (che, oltre a crescere con Bper, ha inglobato UnipolSai) e quello dell'84% di Leonardo, holding sempre più interessante perché attiva nei comparti IA e cybersecurity che hanno trainato Wall Street e l'Europa.
Ma se fin qui è stata narrata una storia le cui parole sono i numeri e le attese di rendimento positivo per gli investimenti tecnologici, sul lato oscuro del pianeta Borsa la metrica è completamente differente. Dall'entusiasmo, dall'ottimismo si passa alla cruda realtà del quotidiano, quella che in tutta l'Europa parla di consumi stagnanti, di una transizione ecologica che non è mai decollata e di settori in palese crisi. Queste sono le storie delle performance peggiori.
Praticamente accoppiate si ritrovano Campari (-45%) e StM (-44%). Per la prima si tratta soprattutto di un calo delle vendite negli Stati Uniti (che vale il 28% del fatturato) e in Asia. Questa è la sfida che il nuovo ceo Simon Hunt è chiamato a vincere, con la non remota speranza che il made in Italy dell'alcool non finisca schiacciato sotto i dazi di Trump. StM, invece, ha risentito in negativo del crollo delle vendite di auto in Europa ma anche negli Stati Uniti. I suoi chip servono soprattutto a quel comparto, senza una guidance 2025, Barclays ha tagliato per conto proprio le stime, la class action negli Usa sulla trasparenza delle informative ha fatto il resto. Il ceo Jean-Martc Chery e il direttore finanziario Lorenzo Grandi sono in bilico per questo.
Se l'auto va male, ovviamente non può non risentirne il principale produttore franco-italiano, ossia Stellantis (-40% in un anno). Le vendite a rilento in Europa con la quota di mercato scesa al 23%, l'accumulo di scorte negli Usa e un elettrico che porta più dolori che gioie hanno imposto la defenestrazione del ceo Carlos Tavares. In attesa di nuove strategie il titolo langue. L'unica notizia positiva è che in Italia si continuerà a produrre. Si era, infatti, temuto il peggio.
Il paradosso di questa lettera scarlatta cucita sull'automotive dalla Borsa è che gli investitori tendono a penalizzare tutto ciò che riguarda le quattro e anche le due ruote. È il caso di Brembo, (-12,1%) e dei suoi freni. I ricavi 2024 sono rimasti stabili sopra 3,8 miliardi e l'Ebitda è in linea con gli annunci, è stato acquistato un brand storico nelle sospensioni come Öhlins, i laboratori sfruttano l'IA per i freni del futuro. Dunque, c'è spazio per un buon recupero.
L'auto non è il solo bene cui si tende a rinunciare per questioni di prezzo. I consumi fermi, ad esempio, hanno inciso negativamente anche su Geox (-37,1%). I ricavi in diminuzione, la chiusura dei monomarca in Usa e Cina e l'avvio di una manovra finanziaria da 60 milioni hanno inciso sulla performance. Per Nexi (-33%) - dove Cdp ha incrementato la propria quota al 19% dopo lo scambio con Poste - il discorso è un po' diverso.
Oltre ai timori suscitati da una possibile exit dei fondi Bain e Advent, il mercato sconta anche la concorrenza di piattaforme per i pagamenti immediati come Revolut. La tecnologia è bella ma non accontenta tutti. Chiedere ai candelai del signor Edison.
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