C'è un nuovo colpo di scena nel quadro dell'inchiesta sul dieselgate che vede coinvolto il Gruppo Volkswagen. Lo scandalo delle centraline diesel taroccate, emerso nel settembre del 2015 e già costato una trentina di miliardi tra sanzioni, rimborsi, richiami e riparazioni, continua a tormentare il colosso di Wolfsburg. Una grossa grana che l'ex ceo Matthias Müller ha lasciato in eredità al suo successore, Herbert Diess. Nell'occhio del ciclone, intanto, è finito ora Rupert Stadler, ad di Audi Group, che tra l'altro controlla le aziende italiane Automobili Lamborghini, Ducati e Italdesign (ex Giugiaro).
Stadler, che dopo le uscite di scene dei vari big del gruppo tedesco (Ferdinand Piëch, Martin Winterkorn e Matthias Müller) è l'ultimo esponente di spicco della vecchia guardia a essere rimasto al volante di un marchio, risulta indagato dalla Procura di Monaco per frode e «dichiarazioni indirette false o omissioni». Stesso provvedimento è stato preso nei confronti di un'altra persona: si tratterebbe di un membro del comitato esecutivo della Casa dei quattro anelli.
I giudici hanno anche ordinato la perquisizione dell'abitazione privata del top manager, dopo che nei mesi scorsi erano stati passati al setaccio gli uffici della Casa automobilistica di Ingolstadt. Un portavoce si è limitato a dire che la società sta «collaborando pienamente con l'accusa». L'Agenzia federale dell'automobile Kba aveva ordinato la scorsa settimana il richiamo di circa 60mila Audi A6 e A7 dopo la scoperta di un «software illegale» in grado di distorcere i livelli di emissione di gas inquinanti.
Anche la rivale Daimler, però, ha i suoi problemi. Berlino ha infatti ordinato il richiamo di circa 774mila veicoli Mercedes-Benz in Europa, citando alla base della richiesta defeat devices illegali progettati per nascondere livelli di emissioni nocive nell'ambito dei test delle autorità di omologazione. La mossa riguarda principalmente i modelli Vito, GLC e la Classe C berlina.
Un tribunale austriaco ha intanto ordinato a un concessionario di rimborsare integralmente un proprio cliente per l'acquisto di un'auto Volkswagen coinvolta nel dieselgate. «Se il querelante avesse saputo che nel veicolo in questione era stato installato il software per la manipolazione delle emissioni, non l'avrebbe comprato», ha affermato il tribunale del Commercio di Vienna. Il concessionario, secondo la sentenza di primo grado del giudice, deve ora ritirare il veicolo acquistato nel 2012 a 26.500 euro e pagare al cliente un prezzo superiore a quello del contratto, ovvero 29mila euro.
È intanto slittata dallo scorso 6 giugno al prossimo dicembre, a Venezia, la prima udienza relativa alla class action intentata da Altroconsumo nei confronti di Volkswagen Group Italia.
La cancelleria è ancora alle prese con le pratiche di registrazione di coloro (90-100mila proprietari italiani di veicoli Vw) che hanno aderito all'azione legale che punta a un risarcimento del 15% del prezzo di acquisto delle vetture coinvolte nello scandalo.
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