La pizza americana è sbarcata in Italia nel 2015. Alessandro Lazzaroni guidava il progetto e, riportavano alcuni media, la volontà era quella di aprire 850 nuove sedi in Italia entro il 2030. Il progetto, partito con le migliori intenzioni, ha però chiuso definitivamente i battenti il 9 agosto del 2022.
Alle nostre latitudini la crescita del colosso di Ann Arbor (Michigan), quotato in borsa a New York, ha deluso le attese. A ciò si è aggiunta la congiuntura sfavorevole e così Domino’s Pizza ha rotto gli indugi, dicendo addio al Paese che della pizza ha fatto una matrice culturale.
Non solo crisi, le mosse ardite di Domino’s Pizza
La crisi ha avuto il suo peso, ma non ne soffre soltanto la pizza. Il gigante americano ha cercato di farsi spazio in Italia proponendo combinazioni ardite: pizze bacon e pollo, la Pepperoni Passion (“pepperoni” è un salame) e la famosa Hawaiian con prosciutto cotto e ananas (che però in Italia si può ordinare in molte pizzerie). Prodotti che possono soddisfare i palati meno esigenti ma che non hanno mai realmente incontrato il favore dei consumatori nostrani. I 29 punti vendita di Domino’s sono diminuiti nel tempo e i piani di ePizza, azienda italiana che ne ha assunto il franchising, non sono andati in porto: disattese le intenzioni di conquistare una fetta sempre più ampia di mercato e di aprire 850 punti vendita entro il 2030.
Domino’s di errori ne ha fatti, a partire dai gusti delle pizze fino all’app per ordinare online, il cui uso è stato ritenuto troppo macchinoso. Tutto ciò in un momento storico in cui, spinte per altro dalle clausure pandemiche, la crescita delle app per la consegna di cibo a domicilio ha fatto registrare crescite a doppia cifra.
La situazione economica
Né Domino’s né ePizza hanno rilasciato numeri ufficiali ma, stando ai bilanci del 2020, le perdite in Italia ammontavano a 10,6 milioni di euro con vendite (dato 2021) pari a 10,4%, in crescita del 9% rispetto all’anno precedente. Il gruppo americano, sempre stando ai dati del 2020 (gli ultimi disponibili) ha fatturato 4,117 miliardi di dollari con un utile netto di 491 milioni di dollari (476 milioni di euro) e impiega 14.400 persone tra punti vendita e uffici. I dipendenti, inclusi i franchising globali, arrivano a quota 290mila.
In Italia, comunica l’azienda, la competizione nella consegna a domicilio è stata fatale, così spalleggiata dai tanti ristoranti che vi hanno fatto ricorso. Il capitolo italiano si conclude davanti al tribunale di Milano che, ad aprile, ha dato protezione giuridica di 90 giorni ai creditori.
Una misura che impediva alle banche di pretendere il rientro o di agire sequestrando beni e che è definitivamente scaduta lo scorso primo luglio. Da qui la decisione di smantellare anche gli ultimi 13 punti vendita rimasti in Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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