Il dossier Banca Generali riapre le vecchie ferite nel consiglio di Trieste

Dopo gli strappi sulla governance i soci guidati da Caltagirone chiedono di contare

Il dossier Banca Generali riapre le vecchie ferite nel consiglio di Trieste

L'ipotesi di una cessione di Banca Generali a Mediobanca ha scosso i mercati e il cuore pulsante della finanza italiana. Già, perché in ballo c'è molto di più di una semplice operazione di M&A. Ma l'assetto di controllo di uno dei più rilevanti polmoni finanziari italiani: Generali.

Secondo Bloomberg, infatti, Generali starebbe pensando di cedere a Mediobanca la sua partecipazione per incassare quanto necessario ad acquisire l'asset manager statunitense Guggenheim.

Per il momento si tratta solo di rumor, ma la cosa tiene banco nelle sale operative e domani se ne parlerà anche all'incontro del patto di consultazione di Mediobanca che si riunisce in vista dell'assemblea del prossimo 28 ottobre. Piazzetta Cuccia, però, da tempo cerca un'acquisizione importante nel risparmio gestito. Ed è un'indiscrezione che ha anche uno strano tempismo, dal momento che in Italia si sta formando un nuovo governo e potrebbe essere vista come un ballon d'essai.

La questione è ancor più rilevante perché Mediobanca è anche l'azionista di riferimento di Generali con il 12,8% e sostiene il Ceo Philippe Donnet. Due anni fa si era peraltro già parlato di una possibile cessione di Banca Generali a Mediobanca in cambio di un'uscita di scena dal capitale di Generali. Lo stesso ad di Mediobanca, Alberto Nagel, aveva detto che avrebbe lasciato la partecipazione in Generali solo a patto di trovare un investimento altrettanto remunerativo. Al momento, Piazzetta Cuccia è l'ago della bilancia in un cda di Generali che è tuttora una polveriera, teatro di un conflitto ancora ben lontano dall'essere appianato con la minoranza interna guidata dall'imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone che tuttora non ha digerito la cooptazione del consigliere Stefano Marsaglia al posto del dimissionario imprenditore romano. La minoranza, rappresentata in cda dai consiglieri Flavio Cattaneo e Marina Brogi (più lo stesso Marsaglia, che faceva parte della lista Caltagirone), avrebbe voluto la cooptazione di Luciano Cirinà, l'ex manager di Generali licenziato dalla compagnia per avere partecipato come candidato amministratore delegato della lista Caltagirone che ha sfidato, e perso, contro la lista che sosteneva la riconferma di Donnet lo scorso aprile (sostenuta da Mediobanca). A seguito di una disputa che ha riguardato anche l'interpretazione dello statuto, la maggioranza non ha mai considerato Cirinà idoneo a sostituire Caltagirone in cda. Il presidente Andrea Sironi, dopo mesi di stallo, ne è uscito con la nomina di Marsaglia in cda. Una soluzione presentata come una mediazione, ma non vista come tale dalle parti di Caltagirone. Al momento, i consiglieri di minoranza sono rientrati nei comitati interni, ma la vicenda è tutt'altro che chiusa e potrebbe riservare nuovi capitoli.

Sulla cessione di Banca Generali, inoltre, i soci vorrebbero valorizzare al meglio la partecipazione e, quindi, Mediobanca se interessata dovrebbe pagarla a prezzi di mercato, considerando anche l'entrata in scena di altri acquirenti. E, se questi fossero stranieri, il nuovo governo potrebbe anche decidere di esercitare il golden power, dal momento che Generali e la sua controllata sono di certo un asset strategico per l'Italia, considerando il consistente ammontare di Btp in portafoglio.

Alcuni soci, infine, potrebbero considerare poco propizio compiere un'acquisizione negli Stati Uniti con il dollaro in posizione di forza sull'euro. A favore dell'operazione, però, c'è un mercato che ha dimostrato di crederci con i rialzi di venerdì scorso.

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