Cosa può succedere agli sportelli Mps

Unicredit pronta all'acquisizione di quasi tutti gli sportelli di Monte dei Paschi di Siena: se i posti dei lavoratori sembrano al sicuro, sono ancora numerosi i nodi da sciogliere. Cosa può accadere

Cosa può succedere agli sportelli Mps

Unicredit potrebbe rilevare 1.250 sportelli su 1.400 dal gruppo Monte dei Paschi di Siena: secondo quanto prospettato dalla FABI (Federazione Autonoma Bancari Italiani), l'operazione prevede l'acquisizione della banca senese da parte del gruppo bancario internazionale. Inoltre, un centinaio di filiali potrebbero passare al Mediocredito Centrale (che controlla la Popolare di Bari) creando così un polo bancario del Sud.

Fuori le filiali in Puglia, Sicilia ed Emilia

Come ci siamo occupati di recente su IlGiornale, sarebbe questo il raggio d'azione di Mps oggetto dell’esame da parte di Unicredit per una possibile acquisizione: gli sportelli esclusi sarebbero circa 110 e prevalentemente in Sicilia, Puglia ed Emilia Romagna, esclusi anche per questioni di Antitrust ed evitare sovrapposizioni. Stessa sorte anche per altri 30-40 sportelli per i quali era già prevista la chiusura perché non redditizi nell’ambito del piano di chiusure già in corso. Intanto il meccanismo del fondo esuberi ha consentito di mandare in pensione, su base volontaria, circa 70mila bancari senza il pericolo del licenziamento. Questa prospettiva potrebbe, in parte, allentare le polemiche in vista del passaggio di Mps ad Unicredit dove, però, sono previsti 5mila esuberi.

Il fondo salva posti

Un dato che in questa trattativa potrebbe rassicurare è che, se negli ultimi dieci anni il settore del credito a livello europeo ha registrato circa 360mila licenziamenti, nello stesso periodo di crisi le banche italiane non hanno licenziato nessuno. Questo è stato possibile grazie a il fondo esuberi bancari che assicura ai lavoratori l’accesso al pensionamento anticipato se saranno raggiunti i requisiti minimi per il pensionamento nei sette anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro. Questo ammortizzatore garantisce fino a sette anni di stipendio, con il 20% in meno, fino al traguardo della pensione. "Nel caso di Mps, serve un finanziamento da parte del Tesoro che ha il 64% della banca: il Tesoro dovrà dare del denaro a Mps che girerà quei soldi al fondo. Non c’è ragione — spiega Lando Maria Sileoni, segretario generale di Fabi, il principale sindacato del settore - di alimentare paure sulla trattativa, al di là di qualche aspetto da definire, è un’operazione analoga a quella del 2017 per il salvataggio delle banche venete da parte di Intesa Sanpaolo, quando lo Stato intervenne con oltre 5 miliardi".

I nodi dell'operazione

I dettagli definitivi dell’operazione Mps-Unicredit saranno messi a punto dal lavoro del team di 30 manager di Unicredit, impegnati in queste ore nell’analisi dei numeri di Mps per un percorso complessivo della durata di 40 giorni: il mese di agosto sarà utilizzato da analisti e manager per revisioni settimanali e chiudere l’istruttoria nei primi giorni di settembre. Tra i nodi ancora da risolvere figurano le modalità di utilizzo e di sopravvivenza del marchio Mps, connesso al destino stesso della direzione generale che a Siena conta 2.500 dipendenti. La salvaguardia delle migliaia di persone che ci lavorano sarà una delle questioni da definire per evitare problemi dell'ultim'ora. Chiede rassicurazioni il sindaco senese, Luigi De Mossi.

"Attendo chiarezza e una strada precisa da percorrere. Non siamo al supermercato, respingo fortemente l’idea che questa città rimanga supina di fronte a qualsiasi decisione. No alla macelleria sociale, si dia modo a questa banca di poter vivere".

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