Generali alza le difese contro Intesa

Il Leone prende il 3% dei diritti di voto: così blocca gli acquisti, ma non un'eventuale Opa

Generali alza le difese contro Intesa

La battaglia per il controllo delle Generali è sempre meno un'ipotesi e più una realtà: ieri la società ha annunciato di avere il 3% dei diritti di voto di Intesa Sanpaolo. Una mossa finanziaria vecchio stile per cercare di bloccare Intesa Sanpaolo: per le norme sulle partecipazioni incrociate, la banca non potrà ora superare il 3% di Generali agendo sul mercato. Ma allo stesso tempo è una mossa sterile, perché impedisce l'acquisto di quote di minoranza, ma non il lancio di un'offerta di acquisito o scambio su almeno il 60% del capitale.

L'operazione è stata messa in piedi in fretta e furia a Trieste dopo che nel week end si erano diffuse le voci dell'interesse di Intesa sui destini di Generali, anche in tandem con Allianz, il colosso assicurativo tedesco. Voci che la Borsa ha gradito al punto da spingere le azioni del Leone su del 3,9% a 14,3 euro, ai massimi da un anno, con volumi 3,5 volte superiori al solito. Mentre il presidente di Intesa, Gian Maria Gros-Pietro, con il suo «non commento le indiscrezioni» ha alimentato la fiamma.

Dietro alla mossa difensiva di Generali si vede la mano di Alberto Nagel, l'ad di Mediobanca, primo azionista a Trieste con il 13%, che così lancia un messaggio a Carlo Messina, il numero uno di Intesa: Generali non si tocca, ha un suo piano e lo porta avanti in autonomia. Ma certo, in questo modo, lo scontro tra Piazzetta Cuccia e la prima banca italiana, già in atto su tante partite (dalla scalata a Rcs del 2016 a quella in corso su Mediaset), diventa plateale.

Il punto è che la posta in palio si chiama ora Generali, da mesi al centro di manovre da parte della finanza francese: il patron di Vivendi, Vincent Bolloré, è il secondo socio di Mediobanca con l'8% dietro a Unicredit (8,5%), che da qualche mese è guidata da un altro francese, Jean Pierre Mustier. Mentre alle Generali siede da quasi un anno un terzo manager transalpino, Philippe Donnet, amico di Mustier e Bolloré. Venerdì scorso, a Milano, Nagel e Donnet hanno dato il benservito al direttore generale Alberto Minali, che rappresentava il contrappeso italiano nella compagnia. L'uscita di Minali (che dovrebbe dimettersi entro il cda di domani) lascia campo libero al partito dei francesi e ai manager che Donnet ha chiamato a Trieste in questi mesi, tutti con la stessa provenienza: la compagnia francese Axa, che avrebbe per l'appunto in mente di mangiarsi il Leone.

È per questo che Intesa si sarebbe mossa, in tandem con Allianz. Le ipotesi sono due: un'Opa congiunta o un'offerta di scambio da parte di Intesa, finalizzata alla nascita di un colosso europeo bancario, assicurativo e di asset management. Remunerando i tedeschi con la parte di business assicurativo che interessa loro (le attività in Francia, per esempio).

Obiettivo: conservare in Italia l'unico campione finanziario di stazza internazionale: 450 miliardi di riserve, 70 dei quali in titoli di Stato e una potenza di fuoco pari a quella mostrata ieri: nessun altra società italiana può in poche ore prendere impegni per 1,2 miliardi per rilevare, con i soldi dei suoi assicurati, il 3% di Intesa.

Ora bisognerà capire se dietro a Intesa c'è anche il governo, preoccupato per la sorte delle Generali, ovvero se si tratta di una iniziativa di Intesa. Siamo solo all'inizio.

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