Europa e Stati Uniti ieri lo hanno detto all'unisono: bisogna alzare i tassi per frenare l'impennata dell'inflazione. Ma con una differenza di fondo. Se a Washington, il presidente Jerome Powell è già intervenuto decisamente con due rialzi a marzo e a maggio e con ulteriori due che si annunciano per giugno e luglio, a Francoforte il dibattito è vivace e sono soprattutto i «falchi» del Nord a spingere perché Christine Lagarde adotti una politica monetaria restrittiva.
Nei loro desiderata c'è un jumbo-hike da mezzo punto per contrastare l'inflazione. Se Joachim Nagel, il presidente della Bundesbank, si sta facendo sentire più volte la settimana a favore della stretta per contrastare l'allarme-inflazione, ieri è stato Klaas Knot, al vertice della Banca d'Olanda, a gettare la bomba: alzare i tassi a luglio - si parla di un quarto di punto - è «realistico». Ma qualora i nuovi dati evidenziassero un peggioramento dell'inflazione «un rialzo più consistente non dovrebbe essere escluso». In questo caso, «il logico passo successivo sarebbe di mezzo punto», ha concluso evidenziando di fatto che l'esempio da seguire è proprio quello di Jerome Powell che nel meeting del 4 maggio, ha deciso l'aumento dei tassi d'interesse più forte dal 2000 di fronte a un'inflazione al galoppo oltre l'8% ma con un'economia ben più solida di quella europea.
L'inflazione è troppo alta e «con il senno di poi la Fed probabilmente avrebbe dovuto alzare i tassi di interesse prima», ha spiegato ieri Powell, sottolineando che la Fed non esiterà a continuare ad alzare i tassi fino a quando l'inflazione non sarà chiaramente in calo. «Nessuno deve dubitare della nostra determinazione», ha rimarcato aprendo di fatto alla possibilità di ulteriori due rialzo da mezzo nei prossimi due meeting portando i Fed Funds al 2% entro luglio, se necessario. «Dobbiamo rallentare la crescita» per raggiungere un atterraggio morbido dell'economia», ha aggiunto rimarcando come il processo per far scendere l'inflazione non sarà indolore ma «dobbiamo raggiungere la stabilità dei prezzi» che è il «fondamento» dell'economia. La ricetta? «Agire sulla domanda» anche a costo di frenare la crescita dell'economia. «I salari stanno salendo e questa in sé è una buona cosa - ha osservato - ma stanno salendo a un ritmo non coerente con un obiettivo di inflazione al 2 per cento».
Il target inflattivo è lo stesso che si è dato la Bce fin dai suoi albori ma se negli Usa produzione industriale e consumi viaggiano ancora a vele spiegate, nella zona euro torna a fare capolino il rischio spread: quello Btp-Bund ieri ha chiuso a quota 191.
Un rialzo immediato di mezzo punto, insomma, rischierebbe di essere un trauma e non ha grandi chance di passare il vaglio del Consiglio direttivo che si riunisce ad Amsterdam il 9 giugno e poi a Francoforte il 21 luglio. Ma il segnale di Knot, l'allarme dei Paesi del Nord spaventati dall'inflazione al 7,5%, è arrivato forte e chiaro ai mercati. Il tasso sui depositi è visto allo 0,5% per fine 2022.
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