L'inflazione galoppa negli Stati Uniti e vola in giugno al 9,1%, ai massimi da 40 anni: era dal novembre 1981 che non si registrava una fiammata così significativa. La corsa dei prezzi gela le Borse e spinge brevemente l'euro sotto la parità con il dollaro.
Il presidente Joe Biden, a Tel Aviv per il suo primo viaggio in Medio Oriente, ammette che i livelli raggiunti sono ormai inaccettabili ma allo stesso tempo rassicura. La rilevazione di giugno, spiega, è «obsoleta» visto che da allora i prezzi dell'energia e della benzina - i maggiori responsabili del caro-vita - sono scesi. Ma la lotta all'inflazione «resta la mia priorità. Dobbiamo fare di più e più rapidamente». Un impegno forte che, però, difficilmente riuscirà a convincere gli americani alle prese con rincari su tutti i fronti. I prezzi dell'energia sono saliti del 7,5% rispetto a maggio e del 41,6% su base annua. Quelli degli alimentari sono balzati dell'1% sul mese precedente e del 10,4% in un anno, in quello che è l'aumento maggiore dal 1981. Non va meglio a chi affitta un'abitazione: i prezzi in un mese sono aumentati dello 0,8%. Rincari quindi generalizzati che sono una tegola per Biden, già in calo nei sondaggi e con il 64% dei democratici che non vuole una sua ricandidatura per il 2024. Ma a tremare è tutto il partito dei liberal, le cui probabilità di vittoria alle elezioni di metà mandato si riducono sempre più al lumicino.
La volata dei prezzi oltre le attese rappresenta ora un dilemma per la Fed. La banca centrale è all'angolo. Un aumento da 75 punti base è ormai dato per scontato alla prossima riunione di fine luglio, ma il mercato dei future indica un 50% di chance di una stretta ancora più pesante di 100 punti base (sarebbe l'1%). L'incognita è l'effetto che tale mossa, seguita da ulteriori rialzi, potrebbe avere sulla ripresa economica. L'obiettivo della Fed (nella foto il presidente Powell) è raffreddarla senza però fermarla del tutto: un target che si allontana sempre più. Una recessione, anche se modesta, è ormai attesa e prevista da molti economisti.
A prevedere un brusco rallentamento della crescita americana è il Fondo Monetario Internazionale, che ha ridotto la stima per il 2022 al +2,3% dal +2,9% di pochi mesi fa. Il Fmi si dice fiducioso sulla possibilità che gli States riescano a evitare «seppur di misura» una recessione ma mette in guardia: i rischi sono significativi. È necessario, dice il Fondo, «fare il possibile per far calare i prezzi. Molte banche centrali dovranno continuare con strette decise della loro politica monetaria. Agire ora sarà meno doloroso che agire più avanti». Mette in guardia sullo stato dell'economia mondiale anche l'Agenzia Internazionale dell'Energia, secondo la quale «senza forti interventi sui consumi energetici, il rischio serio è quello di mancare la ripresa».
L'ipotesi recessione accompagnata da una corsa dei prezzi spaventa le Borse.
In Europa chiudono tutte in calo, con Milano che cede lo 0,93%. Dopo un avvio negativo Wall Street recupera in parte ma oscilla. Sotto pressione l'euro, che scende sotto la parità con il dollaro per poi chiudere a quota 1,0067.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.