La Corte di Giustizia dell'Unione europea dà torto all'Italia sull'orientamento di non pagare le ferie non godute ai dipendenti pubblici che si dimettono. Dunque, un'altra tegola foriera di conseguenze non modeste dopo le bacchettate arrivate in passato da Bruxelles per i ritardi sui pagamenti delle fatture oltre i 30 giorni previsti dalla Direttiva europea.
Il caso è scoppiato in seguito alla causa intentata da un funzionario del comune pugliese di Copertino, in provincia di Lecce, che dopo essersi dimesso volontariamente aveva chiesto il riconoscimento di un'indennità per i 79 giorni di ferie retribuite che non aveva goduto durante la sua carriera lavorativa presso l'ente pubblico. Il Comune tuttavia si era rifiutato di farlo. Il motivo è che il dipendente era a conoscenza della necessità di prendersi i giorni di riposo residui prima del suo congedo e che, diversamente, non gli sarebbe stata riconosciuta alcuna compensazione finanziaria. Del resto, la giurisprudenza italiana prevede che venga riconosciuta un'indennità solo quando le ferie non siano state prese nei casi in cui ciò non sia dipeso in alcun modo dalle scelte del lavoratore.
I giudici della Corte di Lussemburgo hanno tuttavia dato ragione all'ex impiegato comunale secondo quanto previsto dal diritto europeo che contrasta con la normativa nazionale. Infatti, il diritto alle ferie retribuite, inclusa l'eventuale sostituzione con un'indennità finanziaria, non può dipendere da considerazioni puramente economiche, come il contenimento della spesa pubblica.
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