L'inflazione Usa riporta le lancette indietro di due anni, quando il solo problema dell'America si chiamava Covid. Il fiume di denaro riversato dalla mano pubblica sull'economia è stato il detonatore del maggior surriscaldamento dei prezzi dagli anni Ottanta contro cui la Fed sta ancora combattendo, anche se i picchi sono ormai alle spalle. Aprile ha confermato che il processo di lento, ma progressivo sgonfiamento dei prezzi è in atto, con l'indice Pci calato su base annua al 4,9% (5% in marzo), un dato migliore delle attese che scommettevano su un andamento stazionario, mentre l'aumento mensile è stato dello 0,4%. Decelera anche la parte core, quella depurata da cibo ed energia, scesa al +5,5%, dal 5,6% del mese precedente.
Si tratta di percentuali di scarso impatto sull'evoluzione della politica monetaria dopo che Eccles Building ha deciso, la scorsa settimana, di mettere in pausa i rialzi dei tassi dopo le dieci strette che, a partire dal marzo dello scorso anno, hanno portato il costo del denaro al 5-5,25%. Una scelta resa obbligata dagli scricchiolii che ancora arrivano da alcune banche regionali e dal clima di sfiducia che ha investito la clientela, inducendola a chiudere i conti. Al netto di chi prende i soldi e scappa per il timore di veder bruciare i propri risparmi, è una gran fetta d'America, quella presa nella morsa di un'inflazione che la crescita dei salari non riesce ancora a compensare, ad aver tagliato i ponti con l'ottimismo e con il gradimento di chi la governa. Joe Biden ha ieri sbandierato il «calo del 45% dalla scorsa estate» dell'inflazione e sottolineato la forza dell'economia e del mercato del lavoro, mostrandosi preoccupato per la mancanza di un accordo al Congresso sul tetto del debito. «Con tutti questi progressi - ha detto - , l'unica più grande minaccia per la nostra economia sarebbe se i repubblicani non riuscissero a prevenire il default: costerebbe il lavoro a milioni di americani». E anche il suo, di posto, peraltro già più che traballante. L'ultimo sondaggio Gallup lo accredita di un consenso crollato al 35%, una percentuale solo di un soffio superiore al 34% di Bush jr. durante la crisi dei mutui subprime.
Agli occhi degli americani non se la passa bene neppure Jerome Powell: solo il 36% degli intervistati comprerebbe un'auto usata dal leader della Fed, che in meno di un anno ha dilapidato il patrimonio di credibilità costruito durante la pandemia.
Aver derubricato per mesi l'inflazione a fenomeno temporaneo, costringendo la Fed a una raffica di strette ravvicinate al costo del denaro, potrebbe costare caro al successore di Janet Yellen. Con la corsa per la Casa Bianca di fatto già aperta, Jay potrebbe diventare per Biden un perfetto capro espiatorio, ovvero il Monsieur Malaussène della politica monetaria.
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