Moody's "boccia" banche e utilities. Ma il giudizio del rating non deve spaventare

Moody's torna a giudicare l'Italia e abbassa il rating di oltre venti tra banche, assicurazioni e aziende energetiche. Vediamo cosa significa.

Moody's non si ferma nel suo giudizio sulle prospettive dell'economia italiana e, dopo aver rivisto da stabile a negativo l'outlook economico del Paese a causa della caduta del governo Draghi, analizza le prospettive di molti dei big dell'industria e della finanza nazionale aumentando le incertezze percepite sul futuro della Penisola.

Moody's rivede l'outlook delle banche

Essenzialmente sono due i fronti su cui Moody's ha rivisto al ribasso le prospettive delle imprese: quello finanziario-assicurativo e quello energetico. Per il Paese nel suo complesso era stato confermato il rating a Baa3, ma riviste verso il ribasso le prospettive future, in un quadro che indicava dunque un tendenziale peggioramento. Stessa sorte per le aziende dei due rami: rating confermato, ma segnalazione di un trend ribassista.

Sulla finanza e le assicurazioni pesano per Moody's i rischi legati al "ritorno dell'incertezza politica" che possono lasciar l'Italia "più esposta alla fiducia degli investitori in un momento in cui il governo ha bisogno che gli investitori giochino un ruolo" maggiore nel debito italiano. Moody's "non ritiene che che il Tpi" annunciato di recente dalla Bce "sarà una panacea contro l'aumento dei rendimenti in tutte le circostanze" e dunque ha rivisto al ribasso le prospettive di tanti attori: quattordici per la precisione quelli in campo finanziario tra cui Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bper Banca, Banca Carige, Mediocredito Trentino-Alto Adige, Fca Bank, Banca del Mezzogiorno-Mcc, Cassa Centrale Banca, Cassa Centrale Raiffeisen, Cassa Depositi e Prestiti, Invitalia, Crédit Agricole Italia, Credito Emiliano e Mediobanca. Giù anche Unipol, mentre viene confermato l'outlook per Generali.

Incertezza sull'energia

Per dieci compagnie energetiche Moody's ha operato allo stesso modo sottolineando che per l'Italia ci sono "rischi materiali sulle prospettive di crescita dovuti all'incertezza all'esecuzione del Pnrr e delle forniture energetiche". Eni (rating Baa1), Acea, Hera, Italgas, Snam, Terna, Cdp Reti, 2i Rete Gas, A2a ed Enel (tutte rating Baa2) scontano le prospettive incerte sui possibili alterazioni delle forniture, su choc energetici che appaiono all'orizzonte e sul futuro del loro conto economico alla luce di potenziali manovre di tassazione degli extraprofitti. E anche per questo ambito si riflette l'esposizione di tali società al calo della qualità del merito di credito sovrano, dato che buona parte di tali imprese hanno un legame diretto o indiretto con l'azionariato pubblico di matrice statale o municipale.

Lo scenario costruito da Moody's vede, in quest'ottica, una diretta conseguenza della revisione in negativo dell'outlook italiano e delle prospettive di crescita del Paese riverberarsi sulle grandi aziende nazionali. Per Moody's la crisi di governo e la fine dell'era Draghi mettono a rischio il Paese. Ma il fatto più problematico è legato al timing della mossa: si tratta dell'ultima revisione del rating del Paese e dell'outlook delle sue aziende prima del voto del 25 settembre. La prossima sarà infatti il 30 settembre, cinque giorni dopo il voto politico.

Presa d'atto o attacco all'Italia?

Da molte parti, compreso il centrodestra italiano, la mossa è stata letta come un tentativo di avvertimento al Paese in caso di vittoria del centrodestra. A nostro avviso, invece, il rischio che tale revisione del rating paventa è quello di un giudizio insufficiente dell'effetto sulla crescita delle politiche compiute negli ultimi mesi, soprattutto sul fronte energetico. Il combinato disposto tra rincari energetici, inflazione galoppante e taglio agli acquisti Bce è il vero rischio per l'Italia, a prescindere dal governo, come ha sottolineato Mauro Bottarelli su Il Sussidiario: "si tratta della presa d’atto di una criticità del nostro Pil che non saremo in grado di affrontare con armi e ricette ordinarie. Fra poche settimane, la questione diverrà quella del gestire la transizione energetica non più con l’agio della prospettiva, bensì con l’urgenza della contingenza. E la pista russa appare preclusa", costringendo Roma a correre sulla strada della diversificazione con maggior forza.

Il fatto che il Ministero dell'Economia e delle Finanze abbia messo nero su bianco il suo disappunto per la revisione di Moody's aggiunge elementi di complessità a questo giudizio: "Sebbene il peggioramento dell'outlook, come noto, non anticipi necessariamente un imminente abbassamento del rating e segnali semmai una fase di monitoraggio che può perdurare anche per molti mesi la decisione appare opinabile", ha scritto il Mef in una nota. La presa d'atto del rischio di una crisi, a prescindere dalla natura del prossimo governo, c'è ed è dolorosa. Ma la vera minaccia è legata alla possibilità che sull'Italia Moody's abbia avviato una campagna di marcatura a uomo che può, nei mesi a venire, tenere puntato sul nostro Paese il mirino del giudizio dei mercati e della speculazione. E questo, in un contesto di generale deterioramento per tutta Europa, sarebbe il vero danno che il prossimo esecutivo dovrà a tutti i costi evitare.

" "L'Italia fa parte del G7, è protagonista in Ue, ha un'economia reale solida, una rete di 4 milioni di piccole e medie imprese", ha dichiarato fiducioso commentando il giudizio il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, dicendosi certo che non sarà Moody's coi suoi giudizi, nel breve periodo, a decidere il colore del prossimo governo. Essendo quella dell'economia nazionale una sfida che impegna tutti, sia la maggioranza e l'opposizione di oggi che quella che verranno, essendo la posta in palio il futuro del Paese.

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