Mps riparte, ma serve un acquirente

Via libera della Bce al ritorno al dividendo. Il salvataggio è già costato7,2 miliardi

Mps riparte, ma serve un acquirente

Nell'attesa che si materializzi all'orizzonte il cavaliere bianco, Monte dei Paschi di Siena incassa una doppia buona notizia. Infatti, la Banca centrale europea ha rimosso il divieto di distribuire dividendi, mitigandolo con l'obbligo di ottenere prima l'autorizzazione della Vigilanza. Inoltre, la Bce ha disposto per Mps requisiti patrimoniali Srep (revisione e valutazione prudenziale sul capitale) in linea con quelli del 2022: vale a dire, un requisito minimo complessivo in termini di Cet 1 ratio (l'indice di solidità patrimoniale delle banche) pari al 8,80% e già rispettato con margine allo scorso 30 settembre. La necessità di non dover accantonare maggiore capitale, infatti, libera più risorse per Mps, che a novembre ha concluso un aumento di capitale da 2,5 miliardi per finanziare il piano di rilancio dell'amministratore delegato, Luigi Lovaglio. Il titolo in Borsa, dopo uno scatto iniziale, ha chiuso ieri in flessione dell'1,03% a 1,94 euro, anche se nell'ultimo mese ha guadagnato il 9,6 per cento.

Rocca Salimbeni, che vede il ministero dell'Economia primo azionista con il 64,2%, ora può applicare il suo piano che ha tra le prime voci l'abbattimento dei costi: circa 800 milioni dell'aumento sono andati a finanziare le uscite incentivate, in tutto 4.125, che dal 30 novembre hanno portato i dipendenti del gruppo a poco meno di 17mila (erano 25.566 nel 2016). Lovaglio, nel suo piano al 2026, prevede un utile ante imposte di 705 milioni nel 2024 e di 909 milioni nel 2026. La cedola nei programmi è prevista per il 2025, ma l'ad ha detto che potrebbe anche anticiparla al 2024. Il governo ora è chiamato a trovare un compratore: la Commissione ha concesso più tempo allo Stato per uscire dal capitale: la nuova deadline dovrebbe coincidere con il 2024, anche se restano possibili altre proroghe. L'Italia però deve iniziare a muoversi per costruirsi un'uscita accettabile dopo i molti esborsi del passato. Nel 2017 il Tesoro ha iniettato 5,4 miliardi nell'aumento di capitale che ha salvato il Monte, a cui si sono aggiunti gli 1,6 miliardi per partecipare all'aumento di capitale del mese scorso. Il totale dei soldi pubblici investiti nella banca senese, quindi, arriva a poco più di 7,2 miliardi se si contano anche la parte di interessi dei Monti bond convertiti nel 2015 in capitale, per un valore di 240 milioni. Un investimento che, almeno per ora, ha reso poco se si considera che il 64,2% del Mef vale circa 1,57 miliardi al prezzo di Borsa di ieri sera. La strada maestra dunque è trovare un compratore, meglio se tra le grandi banche italiane, dopo che durante il governo Draghi è naufragata la trattativa con l'Unicredit di Andrea Orcel.

In ambienti finanziari, tuttavia, circola almeno un'altra ipotesi: una sorta di accordo non scritto tra Unione europea e governo italiano affinchè, in mancanza di un compratore, Mps vada verso una cura dimagrante lunga qualche anno. Questo la condurrebbe, senza choc occupazionali, a una dimensione più contenuta e di facile integrazione in un gruppo bancario strutturato.

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