Mps, Tesoro verso 3 miliardi di aumento

Unicredit vuole chiudere la due diligence per l'acquisizione entro inizio settembre

Mps, Tesoro verso 3 miliardi di aumento

Il Tesoro accelera la partita per la vendita di Monte Paschi e prepara un maxi-aumento di capitale fino a 3 miliardi per sciogliere le riserve di Unicredit e chiudere il dossier senese. Un matrimonio i cui dettagli saranno definiti nelle prossime settimane da Via XX Settembre (che ha in mano il 64,2% di Mps) e Unicredit che vorrebbe chiudere la due diligence a brevissimo, entro la prima settimana di settembre.

In base alla definizione del perimetro, gli asset Mps che saranno ceduti, si stabilirà l'ammontare dell'aumento di capitale. Va comunque tenuto presente che nel piano industriale definito a Siena, e non ancora approvato da Bruxelles, è prevista una ricapitalizzazione da 2,5 miliardi propedeutica a una qualsivoglia «operazione strutturale», una fusione dunque con un altro istituto. Come appunto Unicredit.

La cifra di 3 miliardi, riportata da Bloomberg, sarebbe di poco più alta ma non ancora definitiva. Tutto dipenderà dalla due diligence e da quanto resterà nel perimetro della good bank. La formula sarebbe però quella dell'aumento in opzione, che permetterebbe a chi ha azioni nella banca senese e che sottoscriverà l'aumento di non vedere diluita la propria quota.

Quello che è ormai certo è che sia i crediti a rischio di Rocca Salimbeni, 4,2 miliardi, sia le controversie legali legate agli aumenti di capitale del 2011-2015 resteranno esclusi dall'operazione. Fuori dalla vendita dovrebbero rimanere anche una parte degli sportelli al Sud, specialmente in Sicilia e Puglia: circa 80 andrebbero a Mcc-Popolare Bari, con relativo personale. Ancora in bilico il destino della storica direzione generale a Siena e del marchio. Nodo centrale quest'ultimo, visto che a Siena si vota per le suppletive della Camera ed è candidato il segretario del Pd, Enrico Letta. In città si punta a salvare il marchio in una banca locale al 100% di Unicredit. Ma su questo i precedenti della Bce vanno nella direzione di un consolidamento effettivo (un solo marchio quindi).

Tra l'altro, sempre sul fronte politico, è netta l'opposizione di Matteo Salvini, leader della Lega, che ha accusato il Tesoro di «svendere» una banca solo perché ce lo chiedono il Pd e l'Europa.

Tre miliardi di aumento potrebbero essere comunque considerati «al rialzo», in una ipotetica forchetta di prezzo, visto che Unicredit beneficerebbe di 2,2 miliardi di crediti fiscali (le cosiddette Dta) che maturano in caso di fusione tra banche decisa entro il 31 dicembre 2021.

Il modello a cui sembrano guardare le parti è quello andato in scena con l'operazione Bpm-Banco Popolare quando le nozze furono precedute proprio da un aumento dell'ex Banco Popolare allo scopo di consolidarne la situazione patrimoniale e allinearla a quella dell'allora Bipiemme.

Con la fusione il Tesoro potrebbe ricevere azioni Unicredit senza diritto di voto, per evitare di incidere sulla governance dall'istituto guidato da Andrea Orcel. Ma non è chiaro però se il Tesoro possa limitarsi a sottoscrivere la quota di sua competenza o possa eventualmente sottoscrivere anche le azioni inoptate; dipenderà anche dalle trattative con Bruxelles.

Sullo sfondo resta poi il tema degli esuberi: le stime di fonte sindacale parlano di poco meno di 6.000 dipendenti Mps (su 21.

388 totali) che maturano i requisiti per il prepensionamento volontario in sette anni, ai quali Unicredit potrebbe aggiungere 1-2mila suoi dipendenti.

Oggi il Monte dispone di 1.418 filiali dopo averne chiuso più di 600 negli ultimi anni.

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