In Italia è assente una politica strategica di sostegno alle famiglie. Tale deficit strutturale è una delle cause principali della mancata crescita economica e sociale del nostro Paese. È un soggetto che attira poche attenzioni. Penalizzato come le imprese, se non di più. Eppure senza questo pilastro il sistema nel suo complesso non può reggere. Certo, nei periodi dove è più evidente la crisi economica (e questo lo è, con l'inflazione che galoppa e la pesante incertezza del quadro politico), le famiglie la patiscono di più. Proprio perché esse rappresentano l'anello più debole della catena. Una vera miopia. Non tanto e non solo per una questione valoriale (che già di per sé dovrebbe favorirne l'attenzione), ma anche per una mera questione utilitaristica. Non si comprende che se le famiglie faticano, il Paese annaspa. Va in sofferenza. Perché ne viene meno la sua linfa vitale.
Non è un caso allora che oggi c'è molta più riluttanza a formare nuove famiglie con il conseguente inverno demografico. Che non può sorprendere. Preoccupare sì. E molto. In Italia, sullo spinoso argomento, si procede a singhiozzo. Le misure sono sempre insufficienti, dettate dalla sfera emotiva, nella sostanza frammentarie. Il decisore pubblico nei suoi interventi (quando ci sono) non è mai incisivo perché difetta del respiro necessario (anche culturale: la famiglia non è tema alla moda) per analizzare la situazione nel dettaglio e indicare interventi che abbiano il respiro della svolta sistemica. L'Italia, purtroppo, è il Paese delle misure tampone.
Adesso si chiamano bonus. Ma non sono queste le misure che, ad esempio, dovrebbero alzare il tasso di occupazione femminile e quello di fecondità. Per non parlare dei servizi che andrebbero garantiti all'infanzia.
Argomenti che da tempo immemore sono nell'agenda della Francia come dei Paesi del Nord Europa. Ecco allora che davanti a tali ritardi è legittimo richiamare l'attenzione al detto: «l'erba del vicino è sempre più verde». Mentre qui le famiglie sono sempre di più al verde.
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