
Tim si prepara a entrare in una fase molto delicata lungo il suo percorso di rilancio. Sul tavolo del Consiglio d'amministrazione di oggi ci sarà in particolare la gara per la costruzione della fibra in Kuwait e il rinvio dell'assemblea dei soci, che dal 10 aprile potrebbe slittare a giugno (possibile che già oggi sia individuata la nuova data). Una circostanza permessa dai grandi mutamenti aziendali dell'ultimo anno, che hanno visto lo scorporo della rete fissa e lo scambio di soci tra Cassa depositi e prestiti e Poste Italiane. Proprio l'ingresso del gruppo guidato da Matteo Del Fante ha determinato la necessità per azionisti nuovi e vecchi di confrontarsi e trovare una linea comune. E del resto ce n'è un gran bisogno perché il primo socio Vivendi, che possiede il 23,7% di Tim, al momento è intenzionato a votare contro tutto quello che il consiglio d'amministrazione della telco vuole proporre: dalla politica di remunerazione dei manager, a quella per gli azionisti, per arrivare addirittura alla bocciatura del bilancio d'esercizio.
Il gruppo francese ha un rapporto ai minimi termini con l'amministratore delegato, Pietro Labriola, e ha deciso di tenere una linea oltranzista anche in ottica legale: in primo grado, infatti, la causa contro la vendita della rete è finita con un flop davanti al giudice, in particolare perché Vivendi non si è mai formalmente opposta alla cessione dell'asset. Un errore che non si vorrebbe ripetere in vista dell'appello, a meno che in questi mesi supplementari non si riesca a trovare un accordo o per fare uscire i francesi dal capitale o per farli restare con un ruolo proattivo, ma su questo punto la questione appare complicata. Entrambe sono questioni di non facile soluzione: da una parte i francesi non intendono cedere la loro quota a pezzi o a prezzi vili e Poste non può rilevarla, a meno che non si trovi un cavillo, senza passare da un'Opa: dall'altra, se Vivendi restasse chiederebbe un passo indietro di Labriola, che tuttavia non avrebbe motivi per essere rimosso dal momento che ha finora centrato tutti i target e concluso con successo il mandato affidatogli dagli azionisti, ovvero la cessione della rete e la sensibile riduzione del debito.
Il rischio è quello di uno stallo letale per Tim, che proprio ora stava osservando un primo disgelo sul titolo (ieri è sceso dello 0,59% a 0,269 euro per azione). La bocciatura del bilancio e il mancato ritorno alla remunerazione dei soci, oltre all'incognita di nuovi vertici, potrebbe però avere conseguenze distruttive anche per Vivendi stessa. Ecco quindi che le diplomazie si sono già attivate, con Del Fante che ha già preso un primo contatto (mossa peraltro molto gradita a Parigi) con Yannick Bolloré. I contatti si intensificheranno nelle prossime settimane e la sensazione è che, se una soluzione si può trovare, questa passerà necessariamente da Poste, un azionista nuovo e solido che è di fatto l'unico in grado di parlare con un certo grado di apertura con i soci francesi. Sullo sfondo figura sempre Iliad che rimane speranzosa di rientrare nel discorso in un secondo tempo.
Intanto, ieri Tim ha siglato una partnership con l'Abu Dhabi Investiment Office per valutare l'apertura di una sede e di un hub tecnologico negli Emirati a tema cyber sicurezza, connessioni mobili, IoT e intelligenza artificiale.
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