Dall'assemblea dei soci di Tim arriva un doppietta di «no» pesantissima alla politica di remunerazione e al buyback proposto dal board. Bocciate anche le candidature proposte per sostituire il consigliere Arnaud de Puyfontaine, il cda rimarrà così a 14 elementi. Protagonista assoluta Vivendi, che si è astenuta alle votazioni, facendo valere il peso del suo quasi 24% (primo azionista davanti a Cdp col 9,8%) nel contesto di un'assise a cui ha preso parte solo il 53,4% del capitale ordinario (lo scorso anno la partecipazione era stata del 57,7%).
Da una parte, un comunicato di Tim sottolinea come sui risultati delle votazioni abbia influito «l'elevato numero di astensioni». I soci francesi, invece, attribuiscono al voto di ieri un significato che va oltre la politica di remunerazione e abbraccia anche la scelta dell'amministratore delegato, Pietro Labriola, di portare avanti offerte per la rete (19,3 miliardi da Cdp-Macquarie e 21 miliardi per Kkr) così distanti dai 31 miliardi chiesti da Vivendi. Fonti vicine alla società transalpina precisano che «l'astensione odierna all' assemblea di Tim è un chiaro segnale di bocciatura al piano proposto dall'amministratore delegato Labriola». E poi l'affondo: «È evidente che si sono persi tanti mesi preziosi per discutere di offerte che sono state chiaramente rigettate dal mercato - sottolineano - e la dimostrazione della totale mancanza di una governance adeguata, fatto che da tempo viene sottolineato. È tempo di cambiare passo».
Vivendi, infatti, spinge affinchè ci siano profondi cambiamenti alla governance, a partire dalla presidenza di Salvatore Rossi. Ma, a questo punto, l'attacco diretto che ora riguarda anche Labriola assomiglia molto a un invito a farsi da parte per l'ad.
L'assemblea, che si è svolta senza la presenza fisica dei soci, ha approvato i conti del 2022 con una perdita di 2,9 miliardi, così come la conferma dei consiglieri Giulio Gallazzi e Massimo Sarmi. Luce rossa, come anticipato, al piano di incenetivazione a lungo termine 2023-2025 con il 42,5% dei voti favorevoli, contrari il 10,6% e astenuti il 46,8 per cento. E anche all'autorizzazione per l'acquisto di azioni destinate ad alimentare il Piano di incentivazione a breve termine 2023 e a lungo termne 2023-2025.
La polveriera all'interno di Tim non fa bene al titolo che, dopo aver perso l'8,27% il giorno prima, ieri ha lasciato sul terreno un altro 1,57% a 0,28 euro. Vivendi incassa quindi il primo successo sul board, che tornerà a riunirsi per analizzare le offerte per la rete il 4 maggio. I francesi vorrebbero un rifiuto alle nuove offerte e che si virasse su un take private: un'Opa congiunta con vari soggetti per delistare la società e poi scindere la rete.
Un'ipotesi che, tuttavia, si profila onerosa a causa dell'alto debito della tlc (oltre 25 miliardi). Il mercato teme uno stallo prolungato, che renderebbe ancor più pesante il fardello del debito e più concreta l'ipotesi di un aumento di capitale.
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