Erba, parla l’unico sopravvissuto: «Gli assassini erano almeno due»

Anna Savini

da Erba (Como)

Per la gente normale sono quattro morti ammazzati, una mamma, una nonna, un bambino e una vicina di casa che si è trovata sulle scale al momento sbagliato. Per gli autori del massacro di Erba è un messaggio da mandare a qualcuno. Ad Azouz Marouk, tanto per cominciare, il marito di Raffaella Castagna. L’uomo che ora dice di non c’entrare niente, di non aver fatto niente per giustificare una vendetta «con questo gesto da animali». Non ha paura di nessuno, lui. «Sono libero, se qualcuno ha qualcosa con me». Una sfida. Almeno così la leggono gli inquirenti che continuano a ritenere privilegiata la pista del regolamento di conti. La scena del delitto parla. «Bisogna saperla leggere», dice il procuratore capo della Repubblica Alessandro Lodolini. Quattro morti sgozzati, non conta il numero perché nella mente dell'omicida (o degli omicidi) probabilmente dovevano essere due. La moglie e il figlio di Azouz. Tu hai sbagliato, paga la tua famiglia. Primo messaggio. Poi il secondo, che arriva da quelle gole tagliate. Tu hai parlato. E quando c'è di mezzo la droga, come quella che aveva fatto finire in carcere il marito di Raffaella, non si parla. Poi ci sono le fiamme, l'incendio appiccato dopo il massacro. Il rogo appiccato per cancellare tutte le tracce, o forse solo per lanciare il quarto messaggio: bisogna fare piazza pulita, sparire, cancellare ogni traccia. Lo dice ancora il Pm, il resto è da ricostruire con le ipotesi e le indagini sulla vita che faceva Azouz quando non era a passeggio con sua moglie e il bambino. Si era beccato quattro anni per spaccio, e che non fosse uno stinco di santo lo dice anche il suocero Carlo che pure, dopo aver osteggiato il suo matrimonio con la figlia, aveva fatto di tutto per aiutarli.
Ma tra i suoi precedenti non c’è niente di così grosso da giustificare un prezzo pagato con tutto questo sangue. Eppure qualcuno in casa di Raffaella è arrivato. I pompieri hanno trovato la porta spalancata quando sono accorsi per spegnere l’incendio e i carabinieri escludono che ci fossero segni di effrazione sulla porta. Ma in paese gira voce che chi ha ucciso Raffaella, suo figlio, la nonna e la vicina potesse essere già in casa ad aspettarla. Forse è solo una voce, ma anche questo è un punto da capire. Se la mamma ha aperto la porta agli assassini (e allora li conosceva) oppure se loro erano entrati forzando la serratura mentre la nonna di Youssef andava a prendere la figlia alla stazione.
Questa è l’unica cosa che Marzouk non può raccontare, perché lui lì non c’era. Questi sono particolari che può sapere solo Mario Frigerio, il marito di Valeria Cherubini, la vicina di casa. Ieri ha ripreso conoscenza e ha parlato con i carabinieri: frasi confuse, frasi di un uomo appena uscito da un coma indotto. Frasi importanti, però: «Erano più di uno. Almeno due persone». Gli inquirenti lo hanno ascoltato e adesso parlano di cautela. Dicono che la testimonianza di Frigerio deve essere presa con le pinze: avrebbe visto massacrare la moglie, è ancora sotto choc, e imbottito di sedativi a causa delle gravi ferite. Frigerio è ricoverato all'ospedale Sant'Anna di Como in prognosi riservata. Quando era stato trasferito da Erba, lunedì sera, le sue condizioni erano gravissime, e a lungo si è temuto anche per la sua vita.
Nella serata di ieri, appena le sue condizioni lo hanno permesso, i carabinieri sono andati ad ascoltarlo. Un colloquio breve. Poche battute per cercare di ricostruire un mistero sempre più complicato. Si cerca il filo che potrebbe diventare la strada che porta agli assassini. Le altre strade girano intorno a Marzouk e ai suoi fratelli. Il pm Lodolini non ha escluso la pista della malavita organizzata. «Posso dire che è stato un lavoro da professionisti, è difficile pensare ad altro. Cinque persone sgozzate, poi il bambino, il fuoco per tentare di cancellare le prove. Posso escludere che si sia trattato di una rapina finita male, o un delitto d'impeto». Insomma chi ha agito lo ha fatto con brutale premeditazione. A livello teorico gli inquirenti non escludono la feroce rappresaglia contro quello che a Erba la gente considera «uno spacciatore da quattro soldi», ma neppure scartano l'ipotesi di una vendetta legata, invece, all'attività di famiglia di Raffaella Castagna: l'ombra di una estorsione non accettata dalla famiglia della donna che nel Comasco è proprietaria di alcuni negozi di abbigliamento della catena «Cast&Cast». Ma è vera anche un’altra cosa: si pensa che i killer difficilmente possono essere italiani.

Diverso per i mandanti che potrebbero aver assoldato esperti del delitto venuti da oltre confine, magari dall'Albania. Lodolini ora tace: non vuole riferire le sue impressioni sullo stato d'animo di Marzouk durante l'interrogatorio: «Non vorrei usare sostantivi che poi si rivelano degli aggettivi, per cui non dico niente».

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