È un eroe della democrazia

Di ora in ora cresce la tensione nell’incertezza della decisione, non libera ma imposta di Riccardo Villari di dimettersi da presidente della commissione parlamentare di Vigilanza della Rai. Villari è riluttante non solo per l’occasione che si avvia ad essere sfumata, e sarebbe stata importante per il suo lavoro di parlamentare, ma perché non capisce come al sacrificio di una cosa non chiesta si debbano aggiungere anche gli insulti e le beffe. Villari è stato democraticamente eletto. Di più. La sua elezione ha restituito ai parlamentari la soddisfazione di una scelta non stabilita dalle segreterie. Increduli per l’esito i suoi compagni di partito lo hanno insultato, lo hanno disonorato. Veltroni lo ha minacciato: «Se non si dimette non è più un senatore del Partito democratico». Di Pietro, come sempre, è andato oltre. Nessuno gli ha concesso l’onore delle armi e anzi, subito, si è trovata la soluzione con l’indicazione di un vero presidente di garanzia la cui saggezza ed esperienza ha trovato tutti concordi: Sergio Zavoli. Ma perché questo riverito nome non è uscito prima?
La democrazia conta poco se Veltroni scompostamente grida che Villari è un usurpatore e che i nuovi accordi con l’Idv e con il Pdl vengono «prima della sacrosanta esigenza istituzionale di garantire il funzionamento della Vigilanza» e che quindi occorre annullare il voto che ha portato Villari alla presidenza. Villari è stato oggetto di insinuazioni e di offese, di ironie e di minacce. Francesco Merlo, ineffabile, ha scritto: «Tutti capiscono, infatti, che Villari non si dimette perché è un topo che da tutta la vita aspetta un pezzo di formaggio». E, infatti, proprio Merlo quando non ha avuto il formaggio nella direzione del Corriere della Sera si è dimesso dal giornale per passare a Repubblica. Ma Merlo non è contento e insiste, oltre ogni limite, scrivendo: «La sua utopia politica è la moglie ubriaca e la botte piena... Nel mondo dei Villari i cristiani passavano all’islam in cambio di un lavoro nelle navi pirata e gli ebrei diventavano cattolici solo per il piacere di inquisire gli ex compagni di fede... Villari può esercitarsi nel finto tradimento, nel bitradimento e nel tradimento del tradimento». Basterebbe questo, per chi non ha fatto altro che ricevere il voto dei colleghi, per indurmi a suggerire a Villari in risposta a tanta prepotenza e a tanta rabbia di non dimettersi. Ora glielo chiede anche Berlusconi, dandogli una pacca sulle spalle: «C’è concordia su Zavoli, Villari si dimetta... Può farlo serenamente, convinto di servire così le istituzioni». Ma non era, secondo Di Pietro, Berlusconi che lo aveva corrotto? Una corruzione a ore, evidentemente. Per questo, secondo Di Pietro, è diventato come Giuda: «Villari si è venduto per trenta denari».
A me pare invece un eroe della democrazia. Nessuno deve essere insultato per ciò che non ha fatto e per ciò che non ha chiesto. E allora Villari rimanga. L’onore va tutelato contro insinuazioni e sospetti. Qualcuno della maggioranza e dell’opposizione potrà dire che un eletto in Parlamento, un parlamentare come gli altri, non è degno di essere presidente della Vigilanza? E come sono, e chi sono i presidenti delle altre commissioni? Villari deve resistere. Deve resistere perché l’unico elemento di corruzione della democrazia è lo squadrista Di Pietro che può aggredire fingendo d’essere aggredito e che ho sentito al Tg1 dichiarare: «Berlusconi è un corruttore, colui che offre qualcosa per avere altro di illecito e di indebito, politicamente parlando egli da una vita sta cercando i suoi avversari. Lo ha fatto con me, quando ha tentato di comprarmi, offrendomi il posto di ministro dell’Interno; con Leoluca Orlando quando, nelle settimane scorse, ha cercato un abboccamento per farlo andare a parlare con lui e mettersi d’accordo. Lo ha fatto con De Gregorio, che gli ha detto “sì, sì, sì” e con Villari, che si è venduto per 30 denari». Insensatezze e falsità.
Berlusconi ha chiesto a Di Pietro di fare il ministro, sbagliando, e per fortuna Di Pietro ha rifiutato. Non c’è corruzione. Qualcuno ha proposto di fare incontrare Orlando a Berlusconi, per una mediazione possibile. Non è avvenuto. Si chiama dialogo, non corruzione. De Gregorio ha lasciato Di Pietro per Berlusconi. Si chiama opportunismo. Il vantaggio di Berlusconi era eventuale, quello di De Gregorio, che è stato rieletto, certo. Villari non ha fatto niente. Ha ricevuto un voto non chiesto. Di Pietro è un diffamatore. Eppure il ribaltamento della verità è così avanzato che La Repubblica può, in prima pagina, titolare, per aumentare la confusione: «Berlusconi in tv attacca Di Pietro». Una vera mistificazione. Io Di Pietro l’ho sentito e mi sono indignato. Infatti, all’interno del giornale, l’articolo è titolato: «Di Pietro accusa, Berlusconi risponde in tv».

Come è accaduto. Ad accuse in tv, risposte in tv. Ma come si potrà difendere Villari dagli insulti di Di Pietro e di Merlo? In un solo modo: non dandogli soddisfazione, restando presidente. Per rispetto delle regole e della democrazia.

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