UN EROE IMMORTALE

D’accordo, il Commissario Maigret non è morto né mai morirà, come tutti gli eroi. Perché gli eroi, con buona pace di Francesco Guccini, non «son tutti giovani e belli»: possono anche essere maturi, stempiati e abbondantemente sovrappeso. Ma, se non è morto, quand’è nato? Sono quattro gli anni «indiziati». Nel 1887 viene alla luce come... persona fisica, per quanto di carta, a Saint-Fiacre, immaginario villaggio nell’Allier, non lontano da Moulins; nel 1913 è collocata La première enquête de Maigret, trentesimo romanzo del quale è protagonista; nel 1930 esce a puntate, fra luglio e ottobre, sul settimanale Ric et Rac, quello che Georges Simenon ha sempre considerato il primo «vero Maigret», Pietr-le-Letton, mentre le quattro precedenti apparizioni (in Train de nuit, La jeune fille aux perles, La femme rousse e La maison de l’inquiétude) sono macchiate, secondo l’autore, dal peccato originale d’esser state firmate con pseudonimo.
Ma l’anno buono è un altro, è il 1911. Un secolo fa, infatti, quel promettente ragazzone di nome Jules diventa assistente al commissariato del distretto parigino di Saint-Georges, dopo una dura gavetta come «agente ciclista»: poco più che un fattorino sempre in movimento a recapitare documenti da un posto di polizia all’altro. Era il primo passo di una lunga carriera ricca di successi più che di avanzamenti gerarchici (del resto, a lui del potere non è mai importato nulla - peggio, lo considera un ostacolo sulla strada impervia delle indagini, con tutti quei superiori ottusi e supponenti a mettergli i bastoni fra le ruote e a ritardare decisioni da prendere al volo...). Una carriera che milioni di lettori, Estremo Oriente e Oceania inclusi, hanno seguito con passione.
Lettori e, in misura non minore, spettatori, perché anche il Maigret cinematografico e televisivo, ovunque si sia presentato, in Francia, Italia, Inghilterra, Olanda, persino Unione Sovietica e Ucraina, è stato un successo. E poi ci sono i fumetti, francesi, italiani e giapponesi: guardate Juzo Megure (da notare che in giapponese la «r» è muta...), personaggio del manga e dell’anime della serie Detective Conan di Gosho Aoyama, non vi sembra un fratello di Gino Cervi con gli occhi un po’ a mandorla? Insomma, simbolo, fra il bonario e l’incazzoso, della borghesia lavoratrice e ben educata, custode della tradizione e del senso dello Stato, della Giustizia con la «G» maiuscola e della pace sociale, esponente di un’umanità che per le vittime prova pietà senza per questo massacrare i colpevoli (qualcosa ci dice che il Commissario in cuor suo è contrario alla pena di morte cui pure conducono alcune sue inchieste...), Maigret, s’è fatto ben volere in tutto il mondo.
Non solo, maestro nel catturare ladri e assassini usando la rete dell’intelletto, del buonsenso e dell’esperienza e quasi mai la violenza, è anche diventato una star della Rete. Facendo un giro su Internet ci s’imbatte in molti siti di maigrettofili e maigrettologi. Lui che tanto odia riempire scartoffie burocratiche e stilare rapporti traboccanti di aria fritta, apprezzerà senz’altro il tramonto dei «supporti cartacei» che lo celebrano. Con un’eccezione: i libri del suo creatore. Nel ’93 l’«Encyclopædia Britannica» stimava in oltre 600 milioni le copie di opere di Simenon vendute in totale. Vogliamo stare bassi e attribuirne soltanto un terzo al buon vecchio Jules? Fanno 200 milioni di volumi distribuiti dalla Groenlandia alla Terra del Fuoco. Poi ci sono le biblioteche pubbliche, dove Maigret va via come il pane, e ti devi mettere in lista d’attesa per portartelo a casa... Sicuro che, così facendo, ti porti a casa tanta roba.
Uno studioso francese, Michel Lemoine, si è dato la briga di contare i personaggi presenti nelle sue inchieste, ed è arrivato alla bella cifra di 1830. Più o meno quante sono le parole che Simenon, per sua stessa ammissione, ha usato nell’intera sua produzione. Ricordava Giulio Nascimbeni in un articolo sul Corriere della sera del 30 gennaio 2003, quindi in prossimità del centenario della nascita dello scrittore: «Quando lo intervistai nella sua casa di Losanna, al numero 12 della Avenue des Figuiers (era il 18 maggio 1985), mi disse: “Duemila parole? Non sono arrivato a questa cifra. Del resto, Racine ne impiegò ottocento.

Ho sempre cercato di scrivere con semplicità, con parole concrete e non astratte. Boileau insegnava che, se piove, basta scrivere che piove, non che il cielo piange o piangono le nuvole o altre metafore». Maigret è proprio figlio suo: un uomo di poche parole, ma di molti fatti.

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