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Egitto verso il voto Al Sisi come Mubarak

Il generale starebbe per annunciare la candidatura. Le presidenziali si terranno prima delle politiche

Alla fine, com'era prevedibile, i feroci scontri di questi giorni aprono la strada alla definitiva consacrazione del generale di ferro che ha ribaltato il governo dei Fratelli Musulmani. Già nelle prime ore dopo gli scontri, una piccola folla si era radunata chiedendo a gran voce che Al Sisi si candidasse. Una claque organizzata? Forse. Ma di sicuro il Paese è stanco di tre anni di disordini e chiede sicurezza e di far ripartire l'economia.

L'accelerazione è ufficiale: le presidenziali egiziane si terranno presto, prima di quelle politiche. Ma il Paese continua a bruciare e conta almeno 49 morti ieri, oltre 70 in due giorni di fuoco, con tragiche battaglie nelle strade e la prima autobomba al Cairo, seguita da una sequela di attentati e attacchi.

Gli occhi di tutti sono ora puntati sul generale Abdel Fatah Sisi, il «Leone d'Egitto» che molti paragonano a Nasser e acclamato nelle piazze come l'unico in grado di poter imporre stabilità e sicurezza come nuovo capo di Stato. A suo favore sono schierati non solo i militari, soprattutto quelli della nuova guardia, ma centinaia di migliaia di cittadini, se non quei milioni che hanno votato per la nuova Costituzione. E dalla sua parte ci sono anche alcune delle principali figure dell'ala liberale egiziana, Amr Mussa in testa, e potenze regionali come l'Arabia Saudita.

L'annuncio della candidatra del generale dovrebbe arrivare nelle prossime ore, così come la data della consultazione, che varie fonti prevedono a fine marzo o al più tardi tra «il 15 e il 21 aprile».

C'è però chi vive l'annuncio di ieri sul voto anticipato come un vero e proprio «tradimento»: la road map infatti prevedeva il contrario, prima le elezioni politiche, poi quelle presidenziali. Era una decisione maturata nell'immediato della fase post-Morsi, nel tentativo di impedire il rischio di una nuova consultazione con un presidente-padrone. La nuova Costituzione annovera infatti un articolo che consente al Parlamento di destituire il presidente. Il segnale è chiaro: si torna all'uomo forte. Dopo tre anni senza pace, l'Egitto potrebbe scegliere un «faraone» con le stellette. Proprio come Mubarak.

Intanto ieri è stata la giornata del lutto: in tanti hanno pianto la morte di amici e parenti: i pro-Morsi - che contano più vittime tra le proprie fila sia per i 49 di ieri che per i 22 del giorno prima - ma anche gli anti-Mubarak del «6 Aprile», simbolo e protagonisti della rivolta contro il rais

tre anni fa. Da ultimo è stato arrestato il portavoce, ieri. «La nostra è una generazione che ha partecipato a più funerali che a matrimoni», scrivono sui social network i sostenitori di Morsi, i pochi fuggiti all'estero.

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