da Simferopoli (Crimea)
La Crimea è solo la prima bandierina nel risiko del nuovo Zar del Cremlino, che punta alla Grande Russia. Un incubo o un sogno, a seconda dei punti di vista, che mira a proteggere ed inglobare territori spesso dimenticati e dai nomi impronunciabili, dove vive una popolazione russofona. Dalla Transnistria alla «Novorossija», la Nuova Russia nel sud est dell'Ucraina, ma tremano anche i paesi Baltici e sognano l'effetto a catena i frammenti del Caucaso.
Una controffensiva verso ovest e non solo, che punta a circondare le ex repubbliche dell'Urss, come l'Ucraina che si gettano fra le braccia dell'Unione europea e degli americani. Una strategia «imperiale» tracciata da Aleksander Dughin, ideologo degli eruoasiatici ascoltato dal potere russo. «Dopo la Crimea la posta in gioco cresce» ha dichiarato preparando uno scenario in dieci punti battezzato «la primavera russa». È solo fantageopolitica da dottor Stranamore del Cremlino? Forse no. L'annessione della Crimea sta già provocando un effetto emulazione in Transnistria fetta di terra secessionista della Moldova, dove vivono 200mila russi. Dmitrij Olegovich Rogozin, inviato speciale del Cremlino in Transnistria lo dice chiaramente: «Se il treno Moldova continua a correre verso l'Europa perderà qualche carrozza». Ieri il presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso ha annunciato la firma dell'accordo di associazione all'Unione europea di Chisinau, la capitale, entro giugno.
A Mosca il leader della Transnistria, Evgenij Shevchuk, dopo aver chiesto pubblicamente l'annessione come la Crimea sta discutendo delle prossime mosse. Nel frattempo i russi presenti nella repubblica secessionista come forze di «pace» hanno subito iniziato un'esercitazione in grande stile ai confini con l'Ucraina occidentale. E guardando la cartina fra la Transnistria e la Crimea c'è Odessa, la città più cosmopolita dell'Ucraina dove i filo russi scendono in piazza per chiedere maggiore autonomia da Kiev.
Dughin nei suoi dieci punti indica le prossime mosse del risiko nel sud est ucraino dove vivono almeno 8 milioni di russofoni indicandole come «la lotta per la Novorossija (la Nuova Russia). La gente russofona inizia a ribellarsi al governo di Kiev (come sta accadendo nda), che dichiara lo stato di emergenza per fronteggiare il rischio di intervento russo» scrive l'ideologo. Da Odessa alle grandi città come Donetsk, Luganks, Dnepropetrovsk e Kharkov «si svilupperà la guerra civile e Mosca aiuterà i russofoni, mentre l'Occidente appoggerà Kiev». Lo scenario a tinte fosche prevede il peggio: «A questo punto la Russia invierà le truppe nell'Ucraina orientale e inizierà la liberazione della Nuova Russia (probabilmente con gravi perdite)».
Per ora i carri armati non si vedono, ma i giovani miliziani filo russi di Donetsk, sotto la statua di Lenin, sventolano una bandiera anti Ue ed il vessillo della repubblica del Dombas. Nel 1918 durò pochi mesi e si espandeva nel sud est dell'Ucraina, dove oggi premono i russofoni.
La «cintura» di sicurezza russa che punta ad isolare l'Ucraina dal Mar Nero ed alzare un «muro» contro l'espansione della Ue e della Nato prosegue con i 785mila filo Mosca in Bielorussia. Per poi sfociare nei paesi baltici. In casa hanno minoranze russe che variano dal 27% della Lettonia al 17% della Lituania. In Lettonia, dai tempi del crollo dell'Urss sono senza cittadinanza, di fatto, perché si rifiutano di affrontare l'esame della lingua nazionale.
La Crimea fa proseliti anche ad Est nelle regioni georgiane separatiste dell'Ossezia del sud, che vuole riunificarsi con il Nord e dell'Abkhazia, riconosciute da Mosca dopo la guerra lampo con Tbilisi nel 2008.
Scherzare con il fuoco dei rivoluzionari anti russi ed in parte filo europei di Kiev nel cortile di casa del Cremlino ha risvegliato dal letargo l'orso russo. La zampata della Crimea è solo la prima mossa del nuovo conflitto fra due mondi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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