New YorkLe battaglie fiscali, ma di natura politica e ideologica, tra democratici e repubblicani hanno nomi disparati e minacciosi: lo scorso dicembre e nell'estate del 2011 si è evitato in extremis il «fiscal cliff», il burrone fiscale. Questa mattina invece scatta come una mannaia il «sequester», dei tagli automatici sulle spese del governo federale da 1.200 miliardi di dollari spalmati fino al 2021. Si tratta di tagli lineari dai 40 agli 85 miliardi di dollari l'anno, dipende dai punti di vista e dai calcoli politici dei due partiti. I repubblicani sostengono che i tagli incideranno quest'anno dell'1 o forse del 2% e non supereranno i 44 miliardi di dollari. I democratici, spalleggiati dalla Casa Bianca, diffondono dati più allarmanti e parlano di 85 miliardi di dollari che saranno tagliati e si abbatteranno in modo lineare sul Pentagono, ossia le spese per la difesa che hanno un budget annuale di 500 miliardi di dollari, e l'altra metà riguarderà la spesa pubblica. In particolare, si abbatterà la scure del 5% sulla sanità pubblica (medicare) e un taglio del 10% ai sussidi di disoccupazione.
Un problema di natura economica, ma dai toni politici. Il presidente Obama in persona puntava fino a ieri notte a un accordo con i repubblicani per un taglio di circa 43 miliardi di dollari nei prossimi 7 mesi al settore della difesa, che ha visto raddoppiare il proprio budget in questi ultimi 10 anni. La risposta dei repubblicani è stata negativa e compatta, al contrario dello scorso dicembre e dell'estate 2011 quando una parte dei congressmen conservatori corsero in aiuto della Casa Bianca, evitando il «fiscal cliff» e di conseguenza aumentando il tetto del debito pubblico, visto dai parlamentari del Tea Party come un peccato politico mortale. Fino a ieri notte, invece, sia i parlamentari conservatori che quelli della destra del Tea Party hanno rigettato in blocco le proposte della Casa Bianca, sostenendo che i tagli lineari devono riguardare il settore sociale, e non la difesa, e non bisogna assolutamente aumentare il peso fiscale a chi guadagna più di 450mila dollari l'anno.
A schierarsi questa volta contro il presidente Obama, e a favore dei repubblicani, è stato nientemeno che Bob Woodward, uno dei più famosi giornalisti americani. Woodward, un liberal che non ha certo nessuna simpatia per i repubblicani, è un mostro sacro del giornalismo a stelle e strisce per via della sua storica inchiesta sul Washington Post con cui 40 anni fa, assieme al collega Carl Bernstein, fece scoppiare lo scandalo del Watergate, causando le dimissioni del presidente Nixon. Woodward pochi giorni fa ha scritto un editoriale sul Washington Post, affermando che l'idea del «sequester» è del presidente Obama, il quale poi molto abilmente ha incolpato i repubblicani di questi tagli alla spesa pubblica, che rischiano di causare almeno 600-700mila licenziamenti nei settori strategici della difesa e il prepensionamento di 300 dipendenti federali per mancanza di fondi. Peggio: il grande giornalista ha rivelato alla Cnn di essere stato minacciato da un alto funzionario della Casa Bianca.
In soccorso di Obama è sceso uno dei più noti economisti americani, Robert Shrum: «Gli Usa imparino la lezione italiana; l'austerità non può essere la soluzione ai problemi economici», ha detto in una intervista al Daily Beast. Comunque le conseguenze pratiche del sequester non saranno immediate: i tagli saranno graduali all'inizio e avranno un impatto sul Pil dello 0,5% in questo 2013, come ha calcolato il Fondo Monetario Internazionale.
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