Primo contagio: ora si spacca anche la Tunisia

L'effetto domino sta colpendo il primo Paese della "primavera araba"

Il presidente tunisino Moncef Marzouki
Il presidente tunisino Moncef Marzouki

«Quando l'Egitto cade il resto del Medio Oriente segue a ruota» è l'opinione comune nel mondo arabo. Il fallimento politico dei Fratelli musulmani, nella terra dove sono nati, è una shock per il movimento che aveva incassato i frutti della primavera araba. L'onda lunga della deposizione di Mohammed Morsi fa tremare la Fratellanza al potere a cominciare dalla Tunisia. Nella capitale del primo paese arabo della primavera si è riunita mercoledì una piccola folla davanti all'ambasciata egiziana per festeggiare il crollo del Rais. «Oggi l'Egitto, domani la Tunisia - urlavano i manifestanti - Abbasso i Fratelli musulmani, rivoluzione fino alla vittoria». Nel mirino il partito Ennahda, al potere, costola locale della Fratellanza ed il suo leader Rachid Ghannouci. Su Facebook migliaia di tunisini hanno scritto: «Morsi è andato e a te Ghannouci quanto toccherà?». Il giorno dopo la polizia ha dovuto intervenire per disperdere i manifestanti contro il golpe in Egitto. Come al Cairo i Fratelli musulmani locali hanno occupato il potere e sono stati costretti a cedere posizione davanti alla montante protesta popolare. L'inflazione è al 6% ed un quarto della popolazione vive con 2 dollari al giorno. I salafiti, che vorrebbero la sharia al posto della Costituzione, stanno sfidando Ennahda nelle piazze con il rischio di rivolte armate. Il finanziere franco tunisino, Tarak Ben Hammar, ieri a Milano per il cda di Telecom Italia ha definito «fantastica» la svolta al Cairo. «Noi arabi non vogliamo il potere militare - ha spiegato - ma, in alcuni casi, come in Tunisia, il ruolo dell'esercito è un fattore di consolidamento per la stabilità politica».

Altri islamici al potere, ad Istambul, temono che l'onda lunga del Cairo possa raggiungere la Turchia, dove il governo ha da poco affrontato con durezza una vasta protesta popolare. I sottomessi e purgati militari turchi staranno guardando in queste ore con ammirazione i loro colleghi egiziani. Non a caso il ministro degli esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu, ha dichiarato: «Non è accettabile che un presidente eletto sia destituito con un golpe militare». Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha addirittura convocato un vertice d'emergenza con alcuni esponenti del governo e del suo partito, Giustizia e sviluppo che ricorda i Fratelli musulmani, per affrontare la crisi in Egitto.

Chi canta vittoria è il Rais di Damasco, Bashar al Assad, che da due anni è impantanato in una sanguinosa guerra civile. «Quello che è accaduto in Egitto rappresenta il fallimento del cosiddetto Islam politico» ha dichiarato ai media di stato. I Fratelli musulmani sono una delle principali forze di opposizione armata in Siria.

Il Cairo appoggiava i ribelli e la Fratellanza si è sempre proposta come alternativa alla guida del paese prendendo come esempio l'Egitto.

Dalla Somalia gli Shabab, i nipotini di Al Qaida, hanno sentenziato che la caduta di Morsi dimostra come la democrazia non funzioni.

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