Quanti errori prima della tragedia greca

Alla vigilia del voto discorso gaffe della Merkel. L’ennesimo sbaglio di una leadership inadeguata

Quanti errori prima della tragedia greca

I giornali greci l’avevano ritratta in divisa nazista, con i baffetti alla Hitler, mentre salutava con il braccio destro teso. E secondo i sondaggi è il personaggio più impopolare tra Atene e Salonicco. Tutti buoni motivi perché Angela Merkel rimanesse alla larga da giudizi e previsioni sul voto greco. E invece la cancelliera non ha perso l’occasione di dire la sua. Sabato ha ammonito severa gli elettori: «È molto importante che il risultato del voto sia la formazione di un governo che rispetti gli impegni». Un assist al nemico dichiarato dei tedeschi, Alexis Tsipras, il radicale di sinistra che degli accordi europei vuole fare un sol boccone. E un’invasione di campo talmente clamorosa da far imbestialire perfino il leader moderato e filo-europeo Antonis Samaras, teoricamente un amico della cancelliera.
Semplice goffaggine (e nemmeno la prima)? Forse. O forse no, se sono vere le voci che riferivano i diplomatici francesi a margine dell’incontro Monti-Hollande della settimana scorsa. A Parigi in questi giorni hanno un dubbio: che i tedeschi abbiano deciso di far saltare il banco. Che vogliano far ripartire l’euro da nuove basi. E che per questo abbiano deciso di mollare i pesi morti. Costi quello che costi. Del resto non è stata la Cancelliera (anche qui però si tratta solo di indiscrezioni) che qualche giorno fa ha detto a un collega di partito: «All’Europa un po’ di purificazione non può che far bene»? E l’altro ieri dalle pagine della Bild non era il ministro dell’Economia e vicecancelliere Philipp Roesler a tranquillizzare soddisfatto i suoi concittadini: «Sopravviveremo anche senza Atene, niente eurobond e niente unione bancaria»? E allora...allora tentare di azzoppare i sostenitori greci dell’euro potrebbe essere stato tutt’altro che un autogol.
Ipotesi, senza dubbio. Ma indicative dell’incapacità della leadership politica europea (quella tedesca innanzitutto) di offrire una via d’uscita credibile alla possibile catastrofe economica. Certo nessuno dice che la crisi sia nata in Germania. E i tedeschi hanno ragione nell’incolpare le imbelli classi dirigenti dell’Europa meridionale che hanno seminato di buche il cammino dell’euro (si va dalla gestione clientelare delle cajas spagnole, ai trucchi contabili greci, fino all’incapacità italiana di approfittare del dividendo della moneta unica). Anche in Germania la cancelliera non ha vita facile e la sua è una strada obbligata, dettata dalla Corte Costituzionale dopo il primo salvataggio greco: ogni voto sul tema richiede una maggioranza del 66%. E ogni passo ulteriore potrebbe essere oggetto di un difficile e delicato referendum.
Tutto vero, ma dalla primavera del 2010, quando sempre la Merkel e il suo socio Nicolas Sarkozy decisero di far pagare la crisi greca anche agli investitori privati, innescando un domino fatto di psicosi e paura sui mercati, la politica continentale è costellata di decisioni tardive e inadeguate.
Così due star tra gli economisti come Nouriel Roubini e Niall Ferguson hanno buon gioco nell’accusare la cancelliera di trarre l’insegnamento sbagliato dalla crisi degli anni ’30: non fu l’iperinflazione di Weimar a causare l’ascesa al potere di Hitler, ma le politiche di rigore del cancelliere Brüning con le loro conseguenze in termini di disoccupazione e impoverimento della popolazione (proprio così cancelliera). E perfino Wolfgang Münchau, forse il commentatore economico principe sulle vicende di Berlino e dintorni rinuncia a interpretare in chiave di ragionevolezza le mosse del governo tedesco. «Il mio invito è quello di non sopravvalutare la razionalità dei tedeschi su questo tema. Il loro comportamento ricorda quello di certi psicopatici ...». A colpire Münchau è una contraddizione: «Vogliono limitare il loro impegno e i loro rischi e allo stesso tempo dicono di voler salvare l’euro». Ci si può riuscire? All’articolista sembra difficile.

E allora si chiede: la cancelliera sta bluffando? Tutto sommato a perderci (e molto) sarebbero anche i tedeschi.
Forse la risposta sta in una parola inglese intraducibile in italiano: brinkmanship, ovvero la politica del rischio calcolato. In pratica: giocare sull’orlo dell’abisso.

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