Estorsioni e spaccio: la legge violenta delle bande cinesi

Sono tanti. Sono sempre di più. Superano quota 18mila i cinesi regolarmente residenti in città. Solo tra il 2009 e il 2010 sono aumentati di ben 1.349 unità, passando da poco più di 17mila abitanti a 18.550. I dati dell’assessorato alla Sicurezza di Palazzo Marino vanno a ritroso. E parlano di un passato ormai inimmaginabile, quando la comunità milanese dagli occhi a mandorla contava 152 presenze appena (1980). Un’altro mondo, un’altra società. Nella quale le bande giovanili straniere ancora non costituivano un fenomeno. E dove non esisteva una città nella città. Sempre il Comune fa notare infatti che la Chinatown milanese per eccellenza - ovvero la zona che si è sviluppata intorno a via Paolo Sarpi - per numero di presenze (1578 unità) è stata ormai soppiantata dal quartiere Villapizzone. Dove i cinesi, con oltre 1900 abitanti, battono filippini ed egiziani (rispettivamente a quota 1444 e 1384). Seguono Quarto Oggiaro (1.270), Affori (1.186) e Comasina (641).
«Sono un popolo molto operoso, nulla da eccepire in questo senso. E devo aggiungere che, negli ultimi tempi, sembra si stiano avvicinando alle istituzioni: la gente che lavora e fatica, la gente perbene, è stanca di subire soprusi. Quindi ha cominciato a denunciare la criminalità organizzata e, in particolare, le bande di giovani che costituiscono vere e proprie associazioni a delinquere e che utilizzano la violenza per regolare competenze territoriali. Ricordiamoci sempre, infatti, che tutti i reati commessi dai cinesi avvengono all’interno della loro comunità ed esclusivamente a danno di connazionali».
Il dirigente della squadra mobile Alessandro Giuliano ricorda che le bande giovanili cinesi si dedicano in particolare alle estorsioni. «È un’attività a 360 gradi, nessuno è escluso - puntualizza Giuliano -. Le estorsioni vengono fatte ai titolari regolari di ristoranti, agli affittacamere abusivi, ma anche ai gestori delle bische clandestine. Poi c’è lo spaccio di stupefacenti, sempre all’interno della comunità. Il problema è chi deve spacciare e quando. Chi sbaglia paga». E Giuliano ricorda la rissa a colpi di machete di due anni fa al «Parenthesis», un locale in zona Ripamonti. Alla fine un ragazzo cinese morì e 5 rimasero feriti.
«Le altre bande giovanili straniere milanesi non hanno nulla a che fare con la malavita organizzata cinese - conclude il dirigente della Mobile -. Prendiamo i latino americani: i loro scontri non sono funzionali a un programma criminale. Sono ragazzi che si rifanno a gang statunitensi o sudamericane di cui hanno maturato simboli e riti, tutte le volte che s’incontrano si scontrano. Ma non sono dei delinquenti veri, no. Il loro è solo un modo deviato di stare insieme che riflette un disagio giovanile.

Anche se ammetto che stiamo valutando con attenzione quel che è accaduto lo scorso 24 marzo davanti all’ospedale Niguarda dove stavano per affrontarsi una quarantina di sudamericani quasi sicuramente appartenenti a bande rivali e poi fuggiti per l’arrivo della polizia. Per terra abbiamo trovato bastoni e bottiglie molotov. Potrebbe trattarsi di un’evoluzione del fenomeno...Comunque è chiaramente qualcosa da non sottovalutare».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica