In Europa sono 25mila i decessi per batteri resistenti agli antibiotici

L e infezioni urinarie sono le più frequenti, seguite da polmoniti ed infezioni da ferite chirurgiche. L'80% di tutte le infezioni in corsia riguarda quattro sedi principali: il tratto urinario, le ferite chirurgiche, l'apparato respiratorio e le infezioni sistemiche. Quelle del tratto urinario, da sole, raggiungono il 35-40%. Negli ultimi quindici anni però si sta assistendo ad un calo di questo tipo di infezioni e ad un aumento di quelle sistemiche, tra cui le polmoniti, a causa della presenza di ceppi batterici resistenti agli antibiotici. Le infezioni della ferita chirurgica, rappresentano dal 20 al 30% delle infezioni ospedaliere e contribuiscono fino al 57% di giorni in più di ricovero ed al 42% dei costi extra per il sistema sanitario. In questo panorama, particolare attenzione meritano i pazienti oncologici, che presentano un rischio maggiore di infezione, derivante principalmente dalle caratteristiche della malattia e dalle terapie immunosoppressive. Si è svolta recentemente all'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) la First International Conference On nosocomial infections and cancer. Ogni anno in Europa sono circa 25mila i decessi causati da infezioni provocate da batteri resistenti ai farmaci. Il Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie (ECDC) indica che in Europa la resistenza agli antibiotici di ultima linea è in aumento. É ormai una realtà accertata in diversi paesi che la resistenza agli agenti patogeni che sono spesso all'origine di polmoniti e di infezioni delle vie urinarie in ambiente ospedaliero si va accentuando in tutta l'UE. In Italia ad esempio emerge come sia in preoccupante aumento la resistenza ai carpabenemi in Klebsiella pneumoniae, passata dal 1,4% del 2009 al 16% del 2010. I carbapenemi sono farmaci di ultima generazione utilizzati per infezioni gravi per cui l'antibiotico-resistenza è un vero rischio per la salute pubblica che necessita di sistemi di sorveglianza sempre più organizzati.

«Nonostante vengano attuate tutte le procedure per ridurre il rischio infettivologico nei malati oncologici - spiega Luigi Toma, infettivologo dell'IRE - questi sono tra i pazienti a maggior rischio, sia per la patologia tumorale, sia per l'immunodeficienza ed i relativi trattamenti e l'età avanzata che spesso si accompagna ad altre patologie come diabete, anemia, insufficienza renale, cardiopatie ».
gloriasj@unipr.it

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