Se il genitore diventa "certificato"

A sollecitare questa soluzione è l'eurodeputato di Renew Europe Ilhan Kyuchyuk, a nome della commissione giuridica, che ha presentato qualche giorno fa un'interrogazione orale al Consiglio dell'Unione europea

Se il genitore diventa "certificato"
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Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Non bastavano i problemi di cui l'Europa discute da anni, dall'allargamento a Est con l'Ucraina ai balneari fino all'approvvigionamento energetico. La peggiore risposta dell'Unione europea alla sferzata del vicepresidente Usa Vd Vance sull'«autoritarismo autodistruttivo» dell'attuale modello politico Ue arriva dalla minaccia di una forzatura - per bypassare la contrarietà di alcuni Stati membri - sul «Certificato europeo di genitorialità».

No, non parliamo di un attestazione che si raggiunge dopo un esame (quante volte si è detto che prima di fare un figlio bisognerebbe dimostrare di esserne all'altezza?) ma una sorta di riconoscimento ex post del rapporto di parentela tra adulti e minori, indipendentemente dalla genetica o dal modo in cui il bambino è stato concepito. Se ne parla dal 2022, l'unanimità tra i Paesi membri su questo tema è sostanzialmente

impossibile viste le implicazioni etiche e morali su alcune pratiche divisive come la gestazione per altri, che l'Italia (ma non solo) considera un reato da perseguire anche se commesso all'estero perché costringe donne meno fortunate a portare avanti gravidanze conto terzi in cambio di denaro.

Qualcuno dentro la Ue spinge perché questa certificazione passi con una forzatura procedurale, in gergo si chiama «cooperazione rafforzata» ed è una modalità prevista all'articolo 20 del Trattato di Maastricht agli articoli 326-334 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. In pratica si tratta di un escamotage per far passare un principio in maggioranza (bastano nove Stati Ue) costringendo di fatto gli altri ad adeguarsi. A sollecitare questa soluzione è l'eurodeputato di Renew Europe Ilhan Kyuchyuk, a nome della commissione giuridica, che ha presentato qualche giorno fa un'interrogazione orale al Consiglio dell'Unione europea.

Qual è il problema? È che, a differenza di materie in cui il diritto europeo prevale su quello dei singoli Paesi membri,

questa «cooperazione rafforzata» invade un campo in cui ogni Paese decide per conto suo, come il diritto di famiglia. Se il «Certificato europeo di genitorialità» venisse imposto, l'anagrafe di ogni Paese dovrebbe di conseguenza riconoscere come padri e madri di un bambino gli adulti che hanno comprato il bambino con l'odiosa pratica dell'utero in affitto o che l'hanno selezionato con la fecondazione artificiale (su basi eugenetiche?) con l'acquisto di seme maschile o femminile al mercato del Dna.

Questa forzatura violerebbe la competenza esclusiva in materia di diritto di famiglia dell'Italia e degli altri Paesi

contrari a pratiche eugenetiche, scavalcando i divieti posti dalla legislazione italiana in tema di maternità surrogata, e fecondazione artificiale per coppie omosessuali, eterosessuali o single. Ne vale davvero la pena?

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