
Comunque la si pensi, non c'era una folla di milanesi ad accogliere i magistrati che ieri mattina hanno sceso le scalinate del fascistissimo Palazzo di Giustizia per gridare la loro indignazione contro la riforma che il governo sta cercando di mettere in piedi. Passati i tempi dei Girotondi e degli entusiasmi per Mani pulite proprio qui a Milano, segno evidente che sono state proprio le toghe a erodere quel credito di fiducia. Rendendolo impalpabile: arroganza dopo arroganza, intrusione dopo intrusione nella politica, irresponsabilità varie e lo scandalo Palamara con le nomine lottizzate nel Consiglio superiore della magistratura. Tanto che ieri a dar loro almeno una pacca sulle spalle non c'era proprio nessuno. Segno dell'ormai totale scollamento da una società civile che li appoggia solo nella sua parte più politicizzata. Ed esclusivamente in funzione anti-Meloni. Perché sono fin troppi ad argomentare su riforma e Costituzione senza nulla saperne, ma alcune cose sono talmente lampanti da suscitar meraviglia al solo vederle. A cominciare dallo «sciopero» organizzato da un potere dello Stato. Contro chi? Contro lo Stato medesimo? Contro un altro potere (il legislativo) per Costituzione sovrano e quindi intoccabile? Dimenticano i magistrati di essere funzionari dello Stato e che la loro funzione è amministrare la giustizia, interpretando e applicando la legge. Punto. Tanto che nel suo Articolo 101 è proprio la Costituzione a dire che i giudici proprio alla legge sono «soggetti». Alla legge e non alla politica, come in alcuni casi sembra essere. Politica che nel Parlamento e con il potere conferitogli dal popolo, ha il diritto e il dovere di creare, in assoluta autonomia, proprio quelle leggi a cui i giudici devono essere soggetti. Legittimo che un magistrato consideri una legge non giusta, ma per contestarla la strada non è lo sciopero, bensì il ricorso alla Corte Costituzionale. E l'Associazione dei magistrati è solo un'unione tra soggetti senza alcuna funzione politico-istituzionale, tenuta a rispettare il diritto di una maggioranza parlamentare a porre in essere una norma.
Fosse anche quella che impone la separazione delle loro carriere e il sorteggio dei membri del Csm per azzerare le correnti politicizzate. E quindi la maggioranza parlamentare che vara una legge, non lede niente e nessuno. A meno che a dirlo non sia la Corte costituzionale. E non certo i magistrati sulle scale del Palazzo.
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