Ecco come ascoltare il nostro respiro può migliorare la vita: mai sottovalutare mancanza di fiato, tosse o affaticamento

Spesso alla base di questi problemi ci sono patologie non immediatamente ricollegabili ai polmoni, come quelle reumatiche

Ecco come ascoltare il nostro respiro può migliorare la vita: mai sottovalutare mancanza di fiato, tosse o affaticamento
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Prestare attenzione almodo in cui respiriamo può risultare di fondamentale importanza per evitare complicazioni in qualche caso molto pericolose: dietro a una mancanza di fiato, a una tosse oppure a una generica difficoltà nel respirare possono nascondersi patologie dell'apparato respiratorio come la fibrosi o le interstiziopatie polmonari.

La comparsa dei problemi

Ciò che le persone ignorano e su cui è bene far chiarezza, è che si tratta di conseguenze che possono affliggere pure chi soffre di problemi di natura reumatica: circa il 25% di chi soffre di questo genere di patologie può sviluppare problematiche anche gravi ai polmoni. Quante e quali patologie reumatiche possono avere conseguenze sul respiro?"In Italia ci sono circa 5 milioni di pazienti che soffrono di patologie reumatologiche", spiega Sergio Harari, Professore Associato di Medicina Interna, Università degli Studi e Ospedale San Giuseppe MultiMedica a Milano,"e molte di queste, se non tutte, portano conseguenze ad altri organi, in particolar modo al polmone". "Le più frequenti sono le cosiddette malattie interstiziali, che si verificano quando l'interstizio, parte anatomica deputata a effettuare gli scambi dell'ossigeno col sangue viene attaccata da una patologia", prosegue l'esperto.

Queste patologie possono svilupparsi in maniera autonoma o essere manifestazioni polmonari di malattie reumatiche, e la più frequente è senza dubbio la fibrosi polmonare, che si verifica quando al tessuto polmonare sano si sostituisce del tessuto cicatriziale: ciò causa nel paziente tosse e mancanza di fiato che si può aggravare col tempo. Difficoltà, ad esempio, a fare le scale o tosse stizzosa sono dei sintomi piuttosto comuni e poco indicativi, per cui quando sarebbe il caso di rivolgersi a uno specialista?

Quando ha alle spalle diagnosi di patologie reumatologiche il paziente può rivolgersi al professionista che già lo segue, magari per effettuare controlli più mirati sulle difficoltà respiratorie o la natura della tosse, come un spirometria o una tac senza contrasto ad alta risoluzione. Diverso il caso in cui i sintomi compaiono in un paziente per cui non esiste una storia di una patologia reumatologica. "Ci sono due possibilità", spiega l'esperto, "la prima è che sia una malattia di origine differente o sconosciuta, la seconda che si tratti dei primi sintomi di una patologia reumatologica". Il principale referente dev'essere l'internista o lo pneumologo o in prima istanza il medico di medicina generale: "L'iniziale valutazione rimane fondamentale: specificatamente in queste malattie c'è un segno clinico molto chiaro all'auscultazione, ovvero i rantoli crepitanti a velcro distaccato, quel caratteristico rumore che si sente quando due fogli di velcro si separano e segnala problemi al polmone", precisa il medico.

Artrite reumatoide come causa

Tra le patologie che possono portare conseguenze ai polmoni anche l'artrite reumatoide, che già di per sé ha un grande impatto sulla vita quotidiana, tanto da richiedere spesso dopo la diagnosi un supporto di natura psicologica. "Sono più di 7 su 10 infatti i pazienti costretti a modificare il proprio progetto di vita in seguito alla diagnosi, abbandonando il lavoro o cambiando mansioni, con punte che superano l’80% tra coloro che hanno ricevuto la diagnosi prima del 2000, anno spartiacque per le cure in reumatologia grazie allo sviluppo e all’arrivo, tra le opzioni terapeutiche, dei farmaci biologici", spiega invece Antonella Celano, presidente dell'Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare.

Entrando nello specifico nell'ambito del coinvolgimento polmonare dovuto a questa infiammazione cronica, ci sono diversi farmaci in grado di migliorare le condizioni dei pazienti, rallentando il processo di fibrosi. "Oggi possiamo intervenite con farmaci antinfiammatori come il cortisone e immunosoppressori come methotrexate, micofenolato, azatioprina", spiega il professor Harari. "Per i pazienti che sviluppano forme fibrotiche polmonari, invece, al momento abbiamo a disposizione solo il nintedanib, già da anni utilizzato con successo nella fibrosi polmonare idiopatica, un farmaco inibitore delle tirosin-chinasi di derivazione dalla ricerca oncologica che rallenta la progressione della malattia".

La speranza è quella che i farmaci ad ora oggetto di sperimentazione possano ampliare la rosa di scelte a disposizione degli specialisti e garantire cure ancora più efficaci, magari arrivando addirittura a "rigenerare" la struttura del polmone danneggiato.

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