Farris, diavoli e devianze della provincia americana

Farris, diavoli e devianze della provincia americana
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Sarà un cliché trito e ritrito, ma quello dell'uomo solitario, che vive ai margini della società e preferisce la compagnia della natura più selvaggia a quella dei suoi simili, mantiene un legame stretto con la realtà della provincia americana. Questa figura d'altri tempi talvolta squarcia di prepotenza le sonnolenti discussioni pubbliche: la violenza smette di annidarsi tra i filari del mais o le paludi infestate da creature ostili e fa la sua comparsa sulle cronache locali.

Ne Il diavolo in persona (NN Editore, pagg 263, euro 19; traduzione di Valentina Daniele), Peter Farris, scrittore e musicista della Georgia, profondo Sud degli Usa, indaga sulla capacità delle relazioni interpersonali di scardinare la riproposizione malsana di una devianza fattasi normalità.

La difesa strenua della proprietà e del territorio dall'intrusione dei malintenzionati e dalla contaminazione da parte della società esterna, fagocitante e irrispettosa delle tradizioni, è un elemento portante di un certo tipo di letteratura americana. Maya, una ragazza schiavizzata da uno spietato racket della prostituzione, decide di spifferare alla polizia segreti inconfessabili. Il suo padre-padrone, il temutissimo Lucio, ne decreta la morte. Ma qualcosa non va per il verso giusto proprio quando i due sicari stanno per ultimare il loro sporco lavoro: pessima scelta quello di farlo sulla terra dello strambo del luogo, un certo Leonard, un solitario che se ne va in giro con il pupazzo dell'adorata moglie, morta da diversi anni, parlandole come se la sua anima albergasse in quella bambola inquietante. Leonard è stato oggetto di un dileggio che, nel tempo, si è trasformato in timore reverenziale e, addirittura, rispetto. La proprietà in America è sacra e, comunque, da quelle parti, con le stramberie non si scherza. Chi ha scelto di tappare definitivamente la bocca a Maya, che da diversi mesi è stata data in appannaggio esclusivo al «Sindaco», un politicante spregiudicato che ne va pazzo e che ha l'improvvida pensata di confessarle una serie di malefatte, se la dovrà vedere con «il diavolo in persona».

Le storie ambientate nella provincia più chiusa degli Stati Uniti non mancano, proprio perché quel mondo rappresenta una quinta al cui fascino è difficile sottrarsi. Esiste davvero un universo quasi parallelo negli ultramoderni Usa, uno spazio primitivo il cui sviluppo pare essere stato azzoppato da un territorio dove gli spostamenti si fanno complicati e spesso la gente stessa non si sente stimolata a farli, alimentando un tourbillon di pensieri retrivi, schemi stantii ma funzionanti, comportamenti devianti che finiscono per risultare normali ed essere ritenuti tali. Ecco lo scenario de Il diavolo in persona. Peter Farris plasma abilmente quello che è ormai un topos classico della letteratura di provincia americana, regalandoci un romanzo per nulla convenzionale, un piccolo classico del noir che avvince, fa sorridere e pure riflettere. Malgrado l'eccentricità di alcuni dei protagonisti, forse di tutti, non si ha mai la sensazione di avere tra le mani un fumettone.

In fondo, il sacro concetto di proprietà, l'evangelismo più estremo, la violenza alimentata dall'atavica propensione alla produzione di alcol illegale, prima, e metanfetamine, poi, la noia della vita di provincia, con la sua lentezza e monotonia esasperanti, e l'ossessione per le armi da fuoco rischiano spesso di confluire in racconti abborracciati e caricaturali. Farris sfugge a quella trappola e ci fornisce una storia splendida, leggibile anche sotto il fantomatico ombrellone.

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