Favori ai politici, arrestata la «Lady Asl» di Vendola

Bari Il titolo più qualificato per ottenere un incarico di rilievo era il colore politico. E per tentare di sviare le indagini c’era chi non esitava ad arruolare per l’occasione uno 007 privato in modo da bonificare gli uffici da eventuali microspie e dormire sonni tranquilli: è questo l’inquietante scenario emerso dagli accertamenti di carabinieri e Guardia di finanza, che ieri hanno arrestato con il beneficio dei domiciliari cinque persone tra le quali Lea Cosentino, ex direttrice della Asl di Bari, nota come «Lady Asl», accusata di falso e peculato, una manager che secondo il gip di Bari, Giulia Romanazzi, appartiene «a una rete politico-affaristica tuttora perdurante». È l’ultimo colpo che si abbatte sulla sanità pugliese già devastata da una raffica di inchieste e una montagna di debiti che, nonostante le parole rassicuranti ribadite più volte dal governatore di Sinistra e Libertà, Nichi Vendola, hanno raggiunto la cifra record di circa un miliardo di euro. E adesso, alla vigilia delle elezioni regionali, l’ennesimo scandalo rischia di avere conseguenze politiche in una sinistra pugliese già lacerata dalle aspre frizioni all’interno del Partito democratico, spaccato tra quanti invocano la conferma del presidente uscente, o almeno il ricorso alle primarie, e quanti invece strizzano l’occhio a un accordo con l’Udc puntando sul moderato lettiano Francesco Boccia.
Gli investigatori hanno notificato anche due divieti e un obbligo di dimora. Negli atti dell’inchiesta spuntano i nomi di politici del centrosinistra, che non sono indagati ma secondo gli inquirenti sarebbero in qualche modo intervenuti per caldeggiare la nomina di un medico a direttore dell’unità di Allergologia dell’ospedale di Altamura, in provincia di Bari. Tra loro figura l’assessore regionale ai Trasporti, Mario Loizzo, del Pd. Nel provvedimento cautelare il gip Romanazzi mette in evidenza una telefonata del politico all’ex direttore sanitario della Asl, Giuseppe Lonardelli (anche lui finito ai domiciliari). «Il tono del Loizzo – scrive il giudice – non è quello di chi raccomanda ma di chi detta disposizioni che si devono eseguire e le detta non soltanto genericamente (“bisogna mettere mano”) ma dettagliando specificamente modi e tempi dell’attività da compiere». In quella conversazione intercettata dagli investigatori Loizzo dice, a proposito della commissione esaminatrice, che «là bisogna mettere mano di nuovo a convocare tutti!»; inoltre, nella stessa chiacchierata l’assessore precisa: «...E non facciamo perdere tempo... molto tempo!». Nel corso delle indagini sono state eseguite anche numerose perquisizioni e durante un controllo negli uffici della Asl è stata trovata, tra l’altro, una e-mail inviata da un medico alla segreteria di un parlamentare del Partito democratico, Gero Grassi, «dalla quale – scrive il gip Romanazzi – appare evidente che, per l’affidamento degli incarichi di primario ospedaliero, costituisse titolo preferenziale l’appartenenza politica dei candidati».
Nelle indagini si affaccia anche una vera e propria spy story. L’ex direttore generale Lea Cosentino – è la ricostruzione dell’accusa - si sarebbe infatti rivolta a un investigatore privato, Antonio Coscia, pure lui posto ai domiciliari, per ripulire gli uffici da eventuali microspie piazzate dagli inquirenti. Per quel lavoro, che sarebbe stato condotto con il paravento formale di un altro incarico, furono liquidati complessivamente dalla Asl 72mila euro: denaro pubblico che secondo la Procura sarebbe servito per ostacolare le indagini.

E non è tutto, perché dall’inchiesta è venuto fuori che l’investigatore privato avrebbe anche pedinato e fotografato l’ex assessore alla Salute, Alberto Tedesco, adesso senatore del Pd: una vicenda che il gip definisce «inquietante».

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