Federalismo Regioni rosse in rivolta, ma la Lega media

RomaQuando il gioco si fa duro entra in campo Calderoli. Con non una ma (almeno) quattro interviste: sulla Padania di oggi, al Tg1 di ieri, su Panorama e su Canale 5 da Belpietro. Il mediano di mischia della Lega deve aprire il varco per l’attacco considerato decisivo e più delicato della riforma federalista, quello sui costi standard regionali, su cui la sinistra nella Conferenza Stato-Regioni (il presidente, Errani, è del Pd) ha già fatto capire che darà del filo da torcere.
Il Carroccio ha preso le dovute precauzioni approvando in Consiglio dei ministri una proroga di quattro mesi per il federalismo, fatto molto significativo (anche se Calderoli indica nel 20 maggio la dead line auspicata dalla Lega). Significa che Bossi ha meno fretta rispetto a qualche settimana fa, che l’incasso del federalismo municipale ha ridato fiato alla legislatura, che le urne si allontanano, e che il messaggio decisivo per la base («stiamo mantenendo le promesse») sta passando, almeno così pensano i vertici della Lega. Ma vuole anche dire che sono previsti tempi tecnici più lunghi per comporre le diverse richieste, non solo quelle provenienti dall’opposizione (con cui, dice Bossi, «bisogna sempre provare» a dialogare), ma anche quelle della componente «meridionalista» della nuova maggioranza, le formazioni filo-Sud che si ritrovano nei Responsabili, stampella essenziale per il governo (e perciò ascoltata anche nelle richieste). Non è un caso che l’annuncio della proroga sia stato fatto da Calderoli subito dopo l’incontro con i Popolari del siciliano Saverio Romano, capo degli ex udiccini (tutti siculi) transitati nella maggioranza.
L’ostacolo maggiore per il federalismo regionale già all’esame della bicamerale, arriverà da Terzo Polo ma soprattutto dal Pd, che con Errani rappresenta tutti i governatori. Il presidente dell’Emilia-Romagna ha fatto capire l’aria che tirerà, minacciando una rottura preventiva, perché «il governo non ha onorato i contenuti dell’accordo siglato nel dicembre scorso, quindi l’intesa sul federalismo regionale per noi non c’è». L’accordo riguarda soprattutto i trasporti locali, una delle voci (subito dopo la sanità) più cospicue tra quelle in ballo con la ridefinizione dei trasferimenti alle regioni. Ma è una fuga in avanti che ha il sapore di tattica politica, perché è solo questione di tempi: «Il governo ha raggiunto l’intesa ad una serie di condizioni che intende rispettare completamente - rassicura Calderoli -. Pertanto il problema sollevato dal governatore Errani non si pone». Stesso concetto espresso dal governatore piemontese Roberto Cota.
Nella Lega però si teme un doppio gioco del Pd, dettato da un Bersani ormai «dipietrizzato». Quel che è successo col precedente decreto ha messo sul chi va là i leghisti, che hanno assistito ad un doppio Pd: quello dei sindaci, favorevoli al federalismo, e quello del Pd nazionale contrario (con Chiamparino diviso a metà). «Sappiamo che il Pd ha mandato degli emissari per tenere buoni i loro sindaci del nord - spiega Raffaele Volpi, deputato leghista di punta nella prima commissione -, per provare a convincerli, ma inutilmente, che era giusto bloccare il federalismo». Andrà così anche col federalismo regionale? «Stiamo attenti però che la posta in gioco è molto alta - avverte Daniele Marantelli, deputato Pd varesino molto vicino ai leghisti - se il federalismo municipale valeva 10 quello regionale vale 100. Soprattutto sui costi della sanità dobbiamo riflettere molto bene tutti quanti».

Intanto domani è grande festa per la Lega, che a Bergamo riunisce popolo e vertici per i 25 anni del movimento a Bergamo. Si brinda al federalismo municipale, il primo mattone, la «cima Coppi» del grande giro leghista. E le altre tappe, col riequilibrio delle commissioni, non sembrano poi neppure così lontane.

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